Referendum autonomia: finalmente è arrivato il Sì del Pd Veneto

11 agosto 2017

Finalmente la direzione regionale del Pd Veneto ha votato, il 31 luglio scorso con 30 voti a favore (e 18 contrari, 16 assenti), il documento che dà indicazione di un voto favorevole al prossimo referendum sull’autonomia del 22 ottobre (clicca qui per leggere il documento del segretario). Ho apprezzato gli sforzi fatti dal segretario Alessandro Bisato per restare coerente all’impegno assunto con gli elettori delle primarie. Come ho ricordato infatti nel mio intervento in direzione (di cui sono componente di diritto ma senza diritto di voto), nel confronto tra i due candidati segretari, Bisato e Tonella, durante le primarie del Congresso nell’aprile scorso, era già emersa la loro differente posizione sul tema, con una chiara posizione dell’attuale segretario favorevole al SÌ. Ricordo ad esempio le dichiarazioni da lui fatte nell’incontro pubblico organizzato a Roncade il 24 aprile scorso, riportate anche dalla stampa (puoi leggerle nel seguente articolo: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2017/26-aprile-2017/autonomia-pd-nascono-anche-comitati-il-si-2401518570019.shtml). Credo dunque che una posizione per il NO o per l’astensione dell’attuale segreteria sarebbe stata un tradimento per gli elettori delle primarie che hanno scelto Bisato, non per gli accordi tra i maggiorenti renziani del Pd, ma soprattutto per la linea politica proposta. Il SÌ consente al Pd di essere della partita. Certo, avrei voluto un SÌ più convinto, evitando le oscillazioni, le ambiguità e i continui rinvii che si sono manifestati da alcuni mesi a questa parte, rischiando di dare del Pd un’immagine di subalternità culturale e politica.

Dopo la sentenza della Consulta del giugno 2015, con il via libera al referendum sul quesito per l’autonomia differenziata, avremmo dovuto noi Democratici, in Consiglio regionale, incalzare il Governatore ad indire la consultazione, proprio per la perdurante inerzia della sua Giunta nell’assumere l’iniziativa del negoziato con il Governo per l’attuazione dell’art. 116, terzo comma, Cost., iniziativa favorita peraltro da una norma frutto di un mio emendamento alla legge di Stabilità 2014. Invece, abbiamo lasciato che Zaia se la intestasse, sia pure con considerevole ritardo, nel marzo del 2016. Sì, perché dopo la pesante sconfitta delle elezioni regionali e le conseguenti dimissioni presentate nel giugno del 2015 dall’allora segretario regionale De Menech, anziché andare a Congresso subito, come ci ha ricordato in un recente intervento sul Corriere del Veneto anche Umberto Curi, “accampando i pretesti più inverosimili, si è di fatto congelata la situazione per quasi due anni” (clicca qui per leggere l'articolo), senza la possibilità di un confronto politico vero sul tema della consultazione referendaria. Quando nel febbraio del 2017, si è finalmente aperta la fase congressuale, avendo ben chiaro che questo tema sarebbe stato nei mesi a venire ‘il tema dei temi’ per il Pd Veneto, proprio per evitare il travaglio interno cui abbiamo assistito anche nelle ultime due direzioni, avevo proposto ai due candidati di svolgere in contemporanea con le primarie una consultazione interna tra gli iscritti sulla posizione da tenere sul referendum per l’autonomia, secondo quanto previsto dal nostro statuto. Proposta che è stata beatamente ignorata. Ma i nodi arrivano sempre al pettine. E chi fa politica, anche nell’era della comunicazione mordi e fuggi, dovrebbe avere più memoria dei fatti, almeno quelli più recenti.

Non ha senso infatti cavillare sul quesito referendario per prendere tempo, sostenendo che è molto meglio quello della Lombardia, dimenticando non solo che il quesito del referendum veneto ha passato il vaglio della Consulta, ma che nella primavera del 2016 fu lo stesso sottosegretario agli Affari regionali Bressa, rispondendo alla richiesta di Zaia al Governo di concordare meglio il contenuto del quesito, ad affermare anche sulla stampa in modo categorico che “dopo le opportune valutazioni tecniche abbiamo deciso di acconsentire allo svolgimento della consultazione referendaria. Attenzione però: non esiste alcuna possibilità di ampliare il quesito (…) Il quesito quello è e quello rimane e cioè l’unico, dei 5 contenuti nella legge 15 del 2014 che abbia passato il vaglio di costituzionalità della Consulta” (leggi l’articolo del Corriere del Veneto del 2 maggio 2016: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2016/2-maggio-2016/autonomia-si-governo-referendum-240376537727.shtml). Circostanza questa che rende ancor più singolare la recente iniziativa di chi, avvalendosi dell’assistenza di un esperto, suggerito dal medesimo sottosegretario Bressa in quanto già suo consigliere giuridico, ha presentato un ricorso al TAR e al Tribunale di Venezia sostenendo la mancanza dei caratteri di omogeneità e chiarezza del quesito referendario (leggi la notizia cliccando qui). Significa non aver compreso che la questione è politica e non giuridica, visto che la Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto del popolo veneto di esprimere il proprio orientamento sul tema di una maggiore autonomia della nostra Regione: se si è contrari si scenda in campo e si giochi la partita in modo palese davanti agli elettori, costituendo un comitato per il NO. Dispiace che invece qualcuno preferisca la via giudiziaria, invece di misurarsi sul piano politico, sottoponendosi al vaglio democratico. Così si rischia di lasciar intendere che ciò che in fondo in fondo si vuole evitare è proprio che il popolo si esprima (al seguente link puoi leggere il mio comunicato: http://www.simonettarubinato.it/index.php?area=6&menu=116&page=323&lingua=4&np=1&idnotizia=4936&FRNEWSAS=1&FRNEWSC=8&FRNEWSDF_Day=13&FRNEWSDF_Month=04&FRNEWSDF_Year=2008&FRNEWSDT_Day=23&FRNEWSDT_Month=10&FRNEWSDT_Year=2017).

Sono convinta, e non da ora, che la sfida sull’autonomia va giocata a viso aperto, sfidando Zaia alla coerenza sui contenuti, ad evitare ogni strumentalizzazione e divisione partitica. E questo nell’interesse dei Veneti e di chi vive e lavora in Veneto ad avere finalmente gli strumenti adeguati per rispondere ai bisogni e alle aspirazioni di questo territorio, tra i più dinamici e competitivi del Paese. Ecco perché ritengo sia un errore aver affermato nelle premesse del documento del Pd (non a caso votate anche dalla minoranza contraria al referendum) che si tratta di ‘un referendum che la Regione Veneto avrebbe potuto evitare’: significa non capire il valore dello strumento democratico che la Corte Costituzionale ha dato ai Veneti per far pesare il loro orientamento, dopo che la classe di governo regionale e nazionale non ha ancora dato attuazione al federalismo previsto in Costituzione dal 2001. Così pure affermare che il ‘referendum non è la strada per cambiare la Costituzione e far diventare il Veneto una regione a statuto speciale’ sottovaluta la forza politica che può avere un referendum consultivo: nel 2015 Michele Ainis, citando il giudice Carlo Mezzanotte, secondo il quale nei referendum c’è come “un’apparizione di potere costituente”, scriveva che “il potere costituente non soggiace a regole, le crea”. Per questo solo una corale partecipazione a favore del SÌ avrà una forza politica tale da poter superare gli attuali limiti costituzionali e poter così avvicinare, nel successivo negoziato, il Veneto alle condizioni di competitività favorevoli di cui godono le regioni a statuto speciale confinanti.

Questa mia riflessione è stata oggetto di un post, naturalmente più sintetico, sulla mia pagina Facebook che ha riscosso notevole interesse e favore, sviluppando un ampio dibattito con posizioni anche opposte. Lo trovi a questo link: https://www.facebook.com/simonetta.rubinato/photos/a.668509346498910.1073741831.422093341140513/2328407497175745/?type=3&theater


pubblicata il 11 agosto 2017

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