Pagina 9, Primopiano
VENEZIA Sembra non avere fine la quaresima del Pd veneto. «Ora siamo davvero all’anno zero», l’amaro commento della senatrice Laura Puppato «abbiamo perso un anno senza riuscire a scegliere la strada per eleggere il nuovo segretario politico, i territori sono stati abbandonati a se stessi e ora registriamo una nuova sconfitta, un dato acclarato e incontrovertibile che stabilizza il tronfo delle elezioni regionali che pareva frutto di specifica reazione negativa». L’allusione corre alla rocambolesca cancellazione del congresso, convocato il 3 luglio e poi sospeso sine die per decisione del Nazareno, sollecitato in tal senso dai dirigenti provinciali. Una dinamica - scandita dalla perdita di parecchi sindaci e dallo smacco di Chioggia, la più importante città veneta al voto con i dem esclusi dal ballotaggio - che innesca la frecciata di Roger De Menech, il segretario regionale uscente finito sulla graticola dopo il trionfo di Zaia coincidente con il crollo di Ale Moretti e record negativo dei consensi dem: «Oggi potrei chiedere le dimissioni dei vertici del Pd per la pesante sconfitta elettorale in tutti i principali comuni al voto», le parole del parlamentare «non lo faccio perché non credo che nel risultato veneto abbiano influito dinamiche nazionali o regionali, ogni esponente nazionale ha la responsabilità del proprio territorio e deve farsene carico. Fare lo scaricabarile non è nel mio stile, oltre a non essere minimamente utile. L’analisi? Questa tornata amministrativa evidenzia la nostra difficoltà a costruire una narrazione alternativa a quella della Lega che sia al tempo stesso coerente con i valori democratici e credibile per la maggioranza dei veneti, anche a livello comunale. Del resto, stiamo impegnando troppo tempo e troppe risorse in tattiche estenuanti e improduttive e pochissime per affrontare i problemi concreti». «Un risultato insoddisfacente, certo», fa eco Alessandra Moretti, la capogruppo in Regione «ma purtroppo è in continuità con il trend degli ultimi tempi. Io non credo affatto che si tratti di un voto contro il presidente Renzi, troppe le varianti locali, domenica la gente ha scelto i sindaci, non la guida del Paese»; resta la crisi dem, incapace di risalire la china... «Forse scontiamo il senso di responsabilità che ci spinge a sostenere le misure governative, a volte impopolari però necessarie ed efficaci. Nel Veneto, il populismo leghista e la contrapposizione a Roma fanno ancora presa ma io non mi arrendo, anzi. La nostra gente è dinamica, pragmatica, moderna. Premierà i fatti, non le parole. In autunno anche quelli che hanno votato per i nostri avversari diranno sì alla riforma costituzionale Boschi che cambia finalmente l’Italia». E nel frattempo? «Per ciò che mi compete, proseguiremo la nostra opposizione costruttiva a Zaia, battendoci sui contenuti ma senza ostruzionismo. Lui è un pilota che ha a disposizione una Ferrari e dimentica di fare il pieno di benzina, noi vogliamo che il Veneto riparta». Impietosa la diagnosi di Simonetta Rubinato: « È evidente l’effetto di trascinamento negativo della sconfitta alle regionali 2015 quando il Pd, raccogliendo poco più del 10% dell’elettorato ha dimostrato di non saper sintonizzarsi con il sentire profondo della società veneta. Ciononostante, il partito ha tergiversato fino ad oggi senza una guida né un programma e il risultato, salvo rare eccezioni, è sotto gli occhi di tutti»; vie d’uscita? « Lavorare per il radicamento del Pd ripartendo da quei candidati, anche civici, che hanno dato la loro disponibilità, e dai giovani consiglieri che hanno ottenuto forte consenso personale»; infine, la deputata lancia un allarme per il prossimo futuro: «Con un partito incapace di andare oltre il 15%, se si continua ad ignorare il messaggio che arriva dai veneti, c’è da temere per il risultato del prossimo referendum costituzionale e soprattutto delle prossime elezioni politiche». Filippo Tosatto