Il federalismo municipale affossato dalla contrapposizione politica

05 febbraio 2011

Giovedì scorso la Commissione Bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale si è espressa con un voto di parità sulla proposta di parere del relatore La Loggia sullo schema di decreto relativo al federalismo municipale. Essendo stata così respinta la proposta di parere del relatore di maggioranza e non essendo stata approvata neppure la proposta di parere del relatore di minoranza Barbolini, il parere della Commissione Bicamerale sullo schema del decreto risulta tecnicamente come “non espresso”. Quanto ai pareri sulle coperture finanziarie del decreto, la Commissione Bilancio del Senato aveva dato il proprio via libera prima della votazione in Bicamerale, mentre la Commissione Bilancio della Camera, avendo atteso il parere della Bicamerale per pronunciarsi a sua volta, ha ritenuto di non poter esprimere alcun parere non essendo stato espresso quello della Bicamerale.
Ciò nonostante nella stessa serata di giovedì il Consiglio dei Ministri ha deciso di approvare comunque il testo del decreto sul fisco comunale, recependo integralmente il parere della Commissione Bilancio del Senato.
E’ quindi dovuto intervenire nella giornata successiva il Presidente Napolitano, che ha dichiarato irricevibile il decreto senza un passaggio del Governo in Aula, per riferire al Parlamento in merito prima della definitiva approvazione del decreto, ripristinando così la corretta procedura prevista dalla Legge delega.
L’on. Simonetta Rubinato ha tenuto nella vicenda una posizione critica nei confronti della linea adottata dal Partito Democratico, a seguito delle intese intercorse tra la dirigenza di esso e quella del c.d. Terzo Polo.  E spiega così la propria posizione.

La contrapposizione politica che si è venuta a creare, prima in Bicamerale tra maggioranza e opposizioni, nonostante le aperture e modifiche introdotte sino all’ultimo (come la compartecipazione Iva) dal ministro Calderoli su richiesta delle minoranze, poi da parte del Governo che ha voluto comunque chiudere i lavori entro giovedì 3 febbraio e poi forzare la procedura con l’approvazione del decreto in Consiglio dei Ministri senza il parere della Bicamerale, ha determinato l’esito negativo del confronto su una riforma che sappiamo essere attesa dalla gran parte dei cittadini e delle imprese al Nord ed in particolare in Veneto.

Pur essendo stata io stessa molto critica nel merito del testo sul federalismo municipale, sono convinta che nell’interesse del Veneto è necessario arrivare quanto prima al superamento del criterio della spesa storica che penalizza i nostri comuni dal tempo dei Decreti Stammati e la storia ci insegna quante resistenze conservatrici abbiano impedito sino a qui di effettuare ogni cambiamento. Basti ricordare che i così detti decreti legislativi "Robin Hood", che negli anni ’90 furono approvati per superare gradualmente le enormi disparità nei trasferimenti statali subite anche ai nostri comuni, da sempre fanalino di coda insieme a quelli pugliesi, sono stati bloccati nella loro attuazione. Per questo motivo, tanto più dopo aver preso atto del parere favorevole espresso dall’Associazione dei Comuni italiani per bocca del Presidente Chiamparino e dopo l’appello al dialogo lanciato mercoledì a Bergamo dal Capo dello Stato, ho ritenuto non solo opportuno, ma anche doveroso, invitare il Partito democratico a considerare l’effetto negativo di un voto contrario soprattutto sull’elettorato del nord del Paese e ad esprimere invece un voto di astensione, utile per marcare da un lato le critiche sull’impianto uscito dalla Bicamerale, dall’altro per raccogliere l’invito di Napolitano, dimostrare l’atteggiamento costruttivo del Pd  ed il suo profilo innovatore, continuando  ad incalzare la maggioranza per correggere il decreto nelle more della sua applicazione. Una posizione che ho espresso in occasione dell’assemblea dei gruppi parlamentari del Pd di Camera e Senato, convocata nella serata di mercoledì scorso (il giorno prima del voto in Bicamerale), dando voce ad un pensiero diffuso, anche se non manifestato pubblicamente da altri colleghi deputati. La mia iniziativa è stata mossa dalla preoccupazione che il Pd, già in grave difficoltà al nord e in Veneto, finisse con l’essere percepito ancora una volta come un partito conservatore, contrario al cambiamento. Le ragioni della mia proposta sono state bene riportate nell’intervista pubblicata da Il Sole 24 Ore di venerdì scorso. Lo stesso sen. Vitali, dopo aver motivato nella riunione congiunta dei gruppi parlamentari la necessità di votare contro il decreto, il giorno successivo su Europa sosteneva che ben poteva giustificarsi un voto di astensione considerate le molteplici aperture e modifiche concesse dal Ministro Calderoli in Commissione Bicamerale.

Inoltre nella riunione dei Gruppi ho segnalato i limiti e le contraddizioni della proposta alternativa presentata dai nostri rappresentanti in Commissione Bicamerale. Infatti nel suo  impianto anch’essa rischia di aumentare il carico fiscale su cittadini ed imprese, oltre a continuare ad ignorare il vizio originario dell’abolizione dell’Ici sulla prima casa per introdurre: una nuova Imposta Comunale sui Servizi per i residenti (basata sulla superficie dell’unità immobiliare di residenza e sui componenti il nucleo familiare), la c.d. service tax che si aggiunge all’Ici come attualmente vigente (quest’ultima tra l’altro si prevede possa essere maggiorata fino al 3 per mille sulle abitazioni diverse dalla prima casa tenute a disposizione); un contributo di soggiorno – applicabile in via facoltativa da ogni comune - che arriva addirittura ad un massimo di 10 euro; un contributo straordinario nella misura massima del 66 per cento del maggior valore immobiliare conseguibile a fronte di rilevanti valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico generale (fatti salvi in ogni caso gli impegni di benefici pubblici già assunti dai privati), proposta questa che, comprendendo anche gli interventi di riqualificazione urbana, di tutela ambientale  e di edilizia sociale, in un momento di crisi del comparto immobiliare, rischia di configurare una forma di imposizione fiscale espropriativa; la maggiorazione del canone per installazione di mezzi pubblicitari (l’attuale limite del 25 per cento viene portato al 50 per cento); l’introduzione dal 2011 (e l’intera devoluzione ai comuni) della cedolare secca sui canoni di locazione con un’unica aliquota al 20 per cento per i nuovi contratti, senza tuttavia alcuna introduzione di conflitto di interessi a favore degli inquilini (si prevede solo che il proprietario locatore sia esentato dall’Ici in caso di canone concordato); la compartecipazione al gettito dell’Irpef, con determinazione dell’aliquota “al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento dei fabbisogni standard sulle funzioni fondamentali in un solo  comune”; un Fondo perequativo per i comuni nei quali il gettito della service tax e della cedolare secca siano insufficienti a finanziare le funzioni fondamentali; la soppressione a decorrere dal 2012 dell’addizionale Irpef e la non applicazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani agli immobili ad uso residenziale (essendo sostituita nella proposta del Pd dalla service tax, con conseguenze negative a mio parere  sull’incentivo alla raccolta differenziata spinta).    

E’ evidente la contraddizione tra la nostra accusa all’impianto del Ministro Calderoli di aumentare il carico fiscale su cittadini ed imprese e la finalità perseguita nella nostra proposta di garantire
con certezza ampie risorse ai comuni a seguito della soppressione dei trasferimenti erariali.  E ci sono emendamenti proposti dai nostri rappresentanti in Bicamerale che danno facoltà ai comuni di introdurre addirittura una componente aggiuntiva da  20 a 150 euro all’Imu (Imposta Municipale Unica) e di istituire il canone municipale facoltativo per la manutenzione e gestione degli spazi e fabbricati pubblici.

Infine, non posso ignorare da parlamentare eletta in Veneto che l’approvazione del decreto sul federalismo municipale proposto dal Governo rappresenterebbe finalmente per i Comuni della nostra Regione la cancellazione del criterio della spesa storica per avviare una diversa redistribuzione di risorse tra gli enti. Su questo punto le resistenze al cambiamento sono così forti che agli atti è un emendamento (firmato da tutti i nostri rappresentanti in Bicamerale) che, nella sostanza, mira a mantenere il riferimento alla spesa storica anche nelle nuove risorse attribuite ai comuni (che non potrebbero essere superiori del 3 per cento ai trasferimenti erariali fiscalizzati per singolo comune: il ministro Calderoli ha giustamente criticato tale proposta del Pd).

Proprio per questo resto convinta che nell’interesse  del Veneto dovevamo consentire con un voto di astensione il via libera al decreto per poi chiedere al governo di migliorarlo. E quando è in gioco l’interesse generale del Veneto io credo che sia giustificato per un parlamentare di questo territorio chiedere al Partito di poter manifestare il proprio dissenso: non per essere dei marcatori liberi, ma invece proprio per aiutare la squadra ad estendere il consenso tenendo aperta la speranza anche per gli elettori del nostro territorio. Anzi, dovrebbe essere apprezzato il coraggio di chi, pur sapendo che potrebbero avvicinarsi le elezioni e che le liste dei candidati al parlamento sono bloccate, non si accoda al pensiero unico e tiene aperto il dialogo anche con chi è fuori del recinto del partito. E vi assicuro che in molti mi hanno espresso il loro apprezzamento in questi giorni.

Purtroppo è prevalsa in tutti la logica della contrapposizione politica: su questo tema e sulla delusione del Presidente della Repubblica nei confronti di tutte le forze politiche per come sono andate le cose è uscito un buon articolo sul Riformista il 4 febbraio scorso, che vi invito a leggere.

Conclusivamente,  in forza di quanto auspicato dallo stesso Presidente Napolitano, e sulla scia di quanto dichiarato dopo il voto della Bicamerale dal segretario nazionale Bersani, ritengo che il Pd debba riprendere il confronto su una riforma fondamentale per il Paese e per il Veneto. Il prossimo dibattito in aula sul decreto è certamente l’occasione  per avanzare (e migliorare) le nostre proposte e contribuire a realizzare un vero federalismo per i Comuni, ma soprattutto per i cittadini e le imprese.

A questo proposito vorrei ricordare che la proposta del senatore Baldassarri di applicare l’IMU (cioè l’Ici) anche sulla prima casa con la previsione della specifica detrazione della stessa dall’Irpef (con il fine insieme di garantire maggiore potestà impositiva ai comuni, di assicurare il legame tra contribuenti- destinatari dei servizi-elettori e di consentire ai proprietari di prima casa di  recuperare dall’Irpef quanto versato per l’Ici al proprio comune) è stata avanzata per prima dalla sottoscritta, con specifici emendamenti presentati sia ai tempi del Governo Prodi,  sia alle varie manovre economiche di questo Governo.  Mi fa piacere che in Commissione Bicamerale i rappresentanti del Pd l’abbiano finalmente sottoscritta, perché è sicuramente meno distorsiva della service tax
”.

pubblicata il 05 febbraio 2011

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