Crisi economico-finanziaria: servono con urgenza misure più eque ed efficaci

13 agosto 2011

Scriveva Jacques Attali nel suo libro “Come finirà? L’ultima chance del debito pubblico”, edito nel novembre del 2010: “Se la questione del debito pubblico non diventa una delle sfide-chiave, o la sfida principale delle prossime elezioni politiche, sarà inevitabile una crisi di proporzioni enormi. L’Italia è pronta a raccogliere questa sfida? … Se non ci si muove in tempo, l’Italia si ritroverà irrimediabilmente sprofondata in una crisi d’identità, e verrà cancellata dalla scena mondiale, come tante altre nazioni dominanti prima di lei e come lei convinte che la grandezza dovuta a un’antica e gloriosa tradizione fosse perenne. E’ possibile evitare questo disastro ancora per alcuni anni. Ma occorre fare in fretta: più il tempo passa, più il debito sovrano aumenta e meno la politica avrà i mezzi per influire sulla realtà. E’ indispensabile cominciare fin da adesso…”.
 
Ebbene, è proprio ciò che sta accadendo, appena nove mesi dopo. Dopo aver fino alla scorsa settimana rassicurato gli italiani che la situazione del nostro Paese era migliore di quella di altri Stati europei e che pertanto non era necessaria alcuna manovra straordinaria, il Presidente del Consiglio Berlusconi e il (non più) super ministro Giulio Tremonti sono tornati rapidamente sui loro passi. O meglio, sono stati costretti a farlo dal presidente della Bce Trichet e dal suo successore in pectore Draghi, che con una lettera (definita ‘confidenziale’ e per questo non resa pubblica nei suoi contenuti) hanno ufficialmente ‘commissariato’ il nostro Governo. Del resto l'efficacia delle azioni messe in campo da Berlusconi e Tremonti fin dall'estate del 2008 ad oggi (con tagli ai servizi fondamentali, aumento delle imposte e misure di sostegno alla crescita a saldo zero) hanno portato ad un debito record, certificato a giugno da Bankitalia in 1.901,9 miliardi di euro.
 
E’ in tale contesto di incapacità ed incoscienza di chi ci governa che si è inserita la convocazione straordinaria delle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio riunite di Camera e Senato, giovedì scorso, durante la quale il Ministro dell’economia ci ha illustrato la proposta di modifica dell’articolo 81 della Costituzione per inserirvi l’obbligo del pareggio di bilancio, nonchè la decisione – forzosa, perché chiesta dall’UE - di anticipare al 2013 il pareggio di bilancio attraverso un decreto-legge, pareggio di bilancio che il Governo nella manovra approvata in luglio contava di ‘scaricare’ sul 2014.

Sul merito della prima proposta, che mira a rendere più stringente la disciplina di bilancio, vi rinvio all’interessante dossier realizzato dal Servizio Studi della Camera (clicca qui) e al documento di lavoro (clicca qui) consegnato dallo stesso Tremonti, nel quale vi segnalo, tra l’altro, una proposta di modifica all’art. 119, al fine di reintrodurre procedure di controllo ex ante sugli Enti territoriali per verificare che i loro bilanci siano coerenti con la prescrizione costituzionale, una modifica che, se introdotta, manderebbe definitivamente in fumo il tanto sbandierato federalismo della Lega. Non solo si prospettano ulteriori pesantissimi tagli di risorse a carico dei Comuni e delle Regioni, ma il ripristino di un controllo preventivo sul bilancio – come oggi accade in Francia, Paese notoriamente non federalista – la dice lunga sulla fiducia del Ministro Tremonti che la riforma federalista sua e di Calderoli sia in grado di coniugare autonomia e responsabilità e di distinguere tra enti virtuosi e non! In merito alle proposte di legge costituzionale già presentate in Parlamento, il ministro Tremonti ha manifestato il suo personale apprezzamento per quella depositata di recente dal senatore Nicola Rossi (clicca qui). La costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio, in ogni caso, divide gli economisti a livello mondiale: vedi la lettera con cui otto prestigiosi economisti americani (clicca qui) esprimono la loro contrarietà al Presidente Obama e al Congresso sull’introduzione di ulteriori vincoli considerati controproducenti, perché non lascia margini di flessibilità in considerazione dei diversi possibili cicli economici. Questo è stato lo stesso rilievo mosso da Bersani, che comunque ha affermato che anche il Pd è pronto a discutere della proposta di rafforzamento in Costituzione del vincolo sul bilancio. Su questo è stata dunque sconfessata la linea originariamente dettata (nettamente contraria ad ogni modifica costituzionale) dal responsabile per l’Economia Stefano Fassina. Io stessa sto lavorando ad un disegno di legge costituzionale sul punto, che quanto prima depositerò.

La convocazione delle Commissioni parlamentari doveva essere l’occasione per conoscere dal Ministro Tremonti le misure che il Governo intendeva adottare per fronteggiare la grave crisi economico-finanziaria in atto. Ma, riprendendo il commento del ministro Bossi, l’intervento di Tremonti è stato assolutamente ‘fumoso’. E la convocazione parlamentare si è così rivelata una passerella estiva, inutile e costosa, pensata forse per dimostrare agli italiani che la politica non va in ferie (in effetti la Sala del Mappamondo di Montecitorio era colma all’inverosimile), ma non certo per essere davvero produttiva. Credo che ai contribuenti questa passerella sia costata non meno di 100.000 euro, uno spreco assoluto, visto che il giorno dopo il Consiglio dei Ministri ha dovuto approvarsi in fretta e furia un decreto di 45 miliardi, che con la modifica dell’art. 81 della Costituzione non ha molto a che fare. Ulteriore conferma, questa circostanza, dell’inadeguatezza e della non credibilità di questo Governo, e in particolare di Berlusconi e Tremonti, a guidare il Paese in questa tempesta.

Di fronte all’incapacità del Governo e della maggioranza di Centro Destra di trovare un accordo su misure davvero eque ed efficaci, ancora una volta si colpiranno i soliti noti (clicca qui), i ceti medio-bassi già duramente provati dalla crisi, ancora si carica l’ulteriore prelievo su chi le tasse già le paga, con ovvie ricadute negative sui consumi, senza fare alcunché di concreto per la crescita e lo sviluppo, senza alcuna misura seria per far pagare chi le tasse in questo Paese non le paga ed i titolari dei grandi patrimoni. Anche le misure sulla riorganizzazione dei livelli di Governo sono troppo deboli, buone per una razionalizzazione prima che arrivasse la crisi globale, ma oggi sono come un’aspirina per un malato di cancro. Mentre i tagli lineari a regioni ed enti locali colpiranno i cittadini e le famiglie più deboli attraverso la riduzione dei servizi, gli aumenti delle tariffe e l’aumento delle imposte locali (a questo si riduce il tanto sospirato - anche dal Nord est - federalismo fiscale). Sui punti della manovra correttiva e sulle mie controproposte torneremo comunque con un approfondimento nella news letter della prossima settimana.

Sin d’ora comunque, prima di ogni altra richiesta ai cittadini, alle famiglie e alle imprese, ritengo che il Governo debba imporre almeno un contributo di equità, attraverso gli intermediari finanziari, a tutti coloro che hanno riportato in Italia i loro capitali sfruttando lo scudo fiscale. Considerato che l'aliquota minima Irpef è del 23%, dato atto che il 5% lo hanno già versato, si chieda loro un contributo minimo pari al 18%, consentendo così allo Stato di incassare la somma di oltre 18 miliardi di euro, calcolata sui 104,5 miliardi ‘scudati’!

Una mia seconda proposta, più di prospettiva, è quella di prevedere che, accanto al principio del pareggio di bilancio, sempre in Costituzione, sia stabilito all'articolo 81 che le Camere non possano disporre condoni in materia tributaria se non per ragioni straordinarie di necessità, che giustifichino la deroga ai principi di trasparenza ed equità fiscale, e che la legge che li dispone debba essere approvata a maggioranza dei due terzi del Parlamento, in analogia a quanto è previsto per l’amnistia.
 
 
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pubblicata il 13 agosto 2011

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