Lo sciopero impotente dei Sindaci divisi

17 settembre 2011

Ho aderito anch'io al simbolico sciopero indetto dall'Anci nazionale per protestare contro il massacro alle autonomie locali completato da questa manovra. Ai pesanti tagli ai trasferimenti già stabiliti dalle precedenti, si aggiunge infatti un ulteriore miglioramento dei saldi imposto con l'aggravamento del patto di stabilità, che significherà il definitivo stop ai cantieri ed ai pagamenti alle imprese, nonché meno servizi, meno interventi nel sociale, meno sicurezza.

Il Governo centralista di centrodestra scarica ancora una volta la responsabilità della sua incapacità sui Comuni, l'unico comparto pubblico in avanzo e il cui stok di debito è pari ad appena il 2,4% del totale del debito pubblico italiano. Il che significa che come Comuni saremmo in grado di fare interventi per sostenere la crescita, essendo in regola con le regole europee, ma ci viene impedito da un Governo che mette le mani sulle casse comunali a spese dei nostri concittadini, con grave danno alla trasparenza fiscale, come ha spiegato bene Massimo Bordignon in un intervento sul Sole 24 Ore di lunedì scorso, dal titolo “Il federalismo è un'altra cosa” (clicca qui). Ve lo allego perché fa il punto su questo tema, mettendo a nudo la propaganda leghista. Più che nei tagli ai trasferimenti il problema sta: nell'ulteriore miglioramento dei saldi di bilancio imposto dal patto di stabilità, nell'incertezza determinata dai nuovi criteri di virtuosità, dal populismo che ha impedito alla maggioranza di correggere l'errore dell'abolizione dell'Ici sulla prima casa e a noi di denunciarlo in modo chiaro, visto che abbiamo preferito inventarci il surrogato della service tax in sede di federalismo municipale. Sono cose che affermo anch’io da tempi non sospetti: il federalismo non è fallito perché è stato scritto male il decreto legislativo sul federalismo fiscale (l'unico sul quale il Partito Democratico ha votato contro). Il federalismo è stato via via seppellito dalla successione di manovre che hanno caricato sugli enti locali il fardello del patto di stabilità (questa doveva essere la madre delle nostre battaglie di amministratori!), che è stato sottovalutato pensando che sarebbe arrivato “il sol dell'avvenire”, appunto l'attuazione del federalismo. Il federalismo è stato – alla fine - seppellito dallo statalismo centralista e corporativista che contraddistingue la maggioranza sia della destra, che della sinistra del nostro Paese, lontane anni luce dal praticare la cultura dell'autonomia e della sussidiarietà delle istituzioni civili e locali affermata nei principi fondamentali dell'art. 2 e dell'art. 5 della nostra Costituzione. La breve parentesi delle riforme Bassanini degli anni '90 è stata purtroppo una straordinaria eccezione. Come Partito democratico, dovremmo dimostrare di essere all'altezza di riprendere quell'eccezione e di farla diventare la regola nella riorganizzazione dell'assetto istituzionale del Paese. Perchè sono convinta che la cultura dell'autonomia e della sussidiarietà fanno pendant con i principi della legalità, del merito e della responsabilità.
 
Anche per questo la mia è stata un'adesione tiepida allo sciopero, perché è evidente che al punto in cui si trova il Paese alcun esito concreto può derivare da questa iniziativa. E anche se è sempre utile cercare di informare i cittadini della condizione in cui ci troviamo ad operare, credo che come amministratori locali abbiamo mancato il momento giusto in cui dovevamo incanalare la nostra legittima protesta, che a mio avviso era alla fine del 2009, quando appariva chiaro dove portavano le manovre di Tremonti sugli enti locali. Allora io stessa aveva sollecitato l'Anci del Veneto ad intraprendere iniziative più forti contro le manovre economiche del Governo, come quella di decidere di pagare le imprese per le opere pubbliche, disobbedendo insieme al Patto di stabilità. Allora c'erano le condizioni politiche e finanziarie per costringere il Governo, con una simile iniziativa, a confrontarsi realmente con i sindaci, anche del Veneto, visto che Roma era stata allora esonerata dal Patto e coperta da centinaia di milioni di contributi straordinari, per non parlare di Catania e Palermo. Avremmo avuto dalla nostra cittadini ed imprenditori e Tremonti sarebbe stato costretto a modifiche del patto di stabilità a sostegno dello sviluppo. Lo sciopero di giovedì scorso è stato invece un puro atto simbolico, che ha visto i sindaci peraltro ancora divisi. E' significativo – per fare un solo esempio - che il presidente dell'Anci Veneto Dal Negro non vi abbia aderito, mentre il vicepresidente Tomasi sì.

Per questo, giunti dove siamo, penso sia arrivato il momento di aprire una riflessione sull'efficacia dell'azione di rappresentanza politica dell'Anci, bloccata anche a livello nazionale dalla perenne ricerca dell'unanimismo tra le diverse componenti politiche e dominata all'interno da logiche corporative che hanno trascurato da decenni i comuni medi e quelli veneti in particolare, penalizzati da oltre quarant'anni dal criterio della spesa storica. Del resto è un fatto che l'Anci – per fare un esempio - protesta sempre e solo per i tagli generalizzati, ma non protesta mai contro i privilegi concessi a questo o a quel comune. Anzi tace quando vengono concessi iniqui finanziamenti a piè di lista, come ancora una volta è successo a favore di Roma (con un emendamento per circa 60 milioni) e di Palermo (in estate è stato fatto un cadeau di 46 milioni di euro al sindaco Cammarata perché i quasi 2.000 dipendenti della società di servizi comunale minacciavano di dare fuoco alla sua casa se non avesse mantenuto le promesse).


pubblicata il 17 settembre 2011

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