Questione etica e referendum in primo piano

01 ottobre 2011

porcellumLa settimana politica è stata segnata da tre fatti, che confermano come l’Italia sia in uno stato di grande crisi politica e di etica pubblica, ma anche la necessità-possibilità che vi sia un riscatto morale. Si tratta della prolusione del card. Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale italiana,  del voto sulla mozione di sfiducia al ministro delle Politiche agricole Saverio Romano e del deposito di oltre un milione di firme per il referendum sulla legge elettorale.
 
Il card. Bagnasco, aprendo i lavori del Consiglio Episcopale Permanente, non ha fatto nomi, ma il suo riferimento è apparso piuttosto esplicito, affermando che i "racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica" - chiaro riferimento alle vicende giudiziarie e al gossip che riguardano il premier Silvio Berlusconi - "ammorbano l'aria e appesantiscono il cammino comune". Dunque, è necessario "purificare l'aria, perché le nuove generazioni, crescendo, non restino avvelenate". Il cardinale chiosa: "I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere della loro notorietà". Il suo ragionamento si è esteso poi all'intera classe politica: "rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione poiché è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico".

Le parole del Presidente dei Vescovi italiani si sono incrociate con la cronaca del voto sulla mozione di sfiducia al ministro Saverio Romano, a prima firma del nostro capogruppo Dario Franceschini, che è stata respinta dall’Aula con 315 no e 294 sì. Ricordiamo che Romano è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Un’accusa pesante quella che gli muovono i magistrati, ma che non è sufficiente per il ministro e la maggioranza di centro destra a giustificare un suo passo indietro. Un voto che arriva subito dopo la bocciatura della richiesta di autorizzazione alla custodia domiciliare dell’on. Milanese, braccio destro del ministro Tremonti, a carico del quale la magistratura ipotizza i reati di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio su indagini svolte dalla Guardia di Finanza.

Determinanti anche in questa occasione sono stati i voti dei deputati della Lega Nord, che hanno motivato il voto contrario qualificando la mozione come ‘strumentale per abbattere il Governo’. In realtà per capire quali sono state, con ogni probabilità, le vere motivazioni del voto leghista bisogna leggere l’intervista a Dario Fruscio, pubblicata il 28 settembre scorso, da Il Fatto Quotidiano. Fruscio, uomo di comprovata fede leghista, è stato fino a giugno scorso presidente dell’Agea, cuore economico del Ministero dell’Agricoltura. Nominato in quota Carroccio, è stato poi ‘commissariato’ all’arrivo del ministro Romano per – ha spiegato lui stesso – l’eccessivo attivismo nel voler far pagare le multe agli evasori delle quote latte. Dunque la rimozione di Fruscio concessa dal Ministro dell’Agricoltura sarebbe stata scambiata con il salvataggio dello stesso Romano. Una vicenda che getta ulteriori ombre sul comportamento della Lega Nord e che conferma lo scollamento della stessa dalla sua base elettorale. Ormai il partito di Bossi opera esclusivamente in una logica di conservazione del potere e di temporanea sopravvivenza, analogamente  al Premier, altro che movimento per il cambiamento del Paese!

Ma il voto sulla mozione di sfiducia è stato segnato anche dall’astensione dei radicali. Un fatto grave che, come abbiamo segnalato nella lettera che ho inviato al capogruppo Franceschini assieme ai colleghi Sarubbi, De Torre e Bobba, sancisce in maniera definitiva l'autoesclusione dei colleghi radicali dal gruppo parlamentare del Pd. Per questo abbiamo chiesto alla Presidenza del gruppo di mettere fine ad un equivoco che ci ha creato più di un imbarazzo anche di fronte ai nostri elettori. La Presidenza si è limitata a rimettere la questione al partito. Vedremo come andrà a finire.

In questo contesto la buona (anzi ottima) notizia è che venerdì il comitato promotore del referendum sulla legge elettorale ha depositato in Cassazione oltre un milione e duecentomila firme per l’abrogazione del Porcellum. Ringrazio tutti gli amici ed i cittadini che hanno contribuito a questo straordinario risultato, di cui si stanno già vedendo i primi frutti: le forze politiche sono ora costrette a darsi una mossa, sotto la spinta del messaggio chiaro del Presidente della Repubblica, il quale ha già dichiarato esplicitamente – facendosi garante della richiesta popolare – che la legge elettorale va cambiata. Mai come in questa occasione il  referendum è stato lo strumento, da un lato, del risveglio collettivo  dei cittadini, dall’altro, della buona politica per arginare l’antipolitica, per incanalare il distacco tra rappresentati e rappresentanti in direzione di una nuova voglia di partecipazione per il cambiamento  delle regole del gioco, ma anche dei giocatori. E’ un segno di salute della nostra democrazia. Il Partito Democratico ha  sen'altro dato un apporto fondamentale per la raccolta delle firme con l’impegno dei nostri militanti ai banchetti della raccolta, ma la dirigenza deve riflettere sulla propria responsabilità di non essere stata in prima linea per la promozione del referendum, come non ha mancato di ricordare l’on. Arturo Parisi, lasciato solo dai big ad agosto quando è partita la sfida. Non possiamo essere sempre in ritardo e fuori onda quando si giocano partite così decisive.
 
 

pubblicata il 01 ottobre 2011

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