Referendum, lettera Bce e il dopo Berlusconi al centro della Direzione Nazionale

05 ottobre 2011

pdLunedì 3 ottobre ho partecipato ai lavori della Direzione nazionale del Partito Democratico. Tre i temi che hanno tenuto banco: il mancato esplicito sostegno da parte della segreteria al referendum, la linea del partito in vista di una possibile crisi di governo e la valutazione dei contenuti della lettera che la Bce ha inviato il 5 agosto scorso al Presidente Berlusconi. Dopo la relazione del segretario Pier Luigi Bersani (clicca qui), non sono mancati momenti di animato dibattito. Visto il tempo limitato di discussione, non sono potuta intervenire, ma avrei certamente ribadito quanto avevo sostenuto fin da subito in merito al referendum sulla legge elettorale, ovvero che era una battaglia che doveva vedere il partito schierarsi in modo convinto fin dall’inizio. Non è stato purtroppo così ed oggi, alla luce del milione e duecentomila firme raccolte in brevissimo tempo, come ha denunciato Arturo Parisi, si è compiuto un ‘grave errore di valutazione politica’ da parte della dirigenza del Pd. Dubbi che sono stati espressi anche da componenti della stessa maggioranza del partito come Dario Franceschini, il quale ha ricordato di aver sollecitato più volte Bersani a ‘sciogliere gli indugi ed appoggiare la consultazione’.

Altro tema di discussione è stata la lettera della Bce. Lo avevo scritto nella mia precedente newsletter che il programma di riforme indicato da Trichet e Draghi non era indirizzato soltanto al Governo e alla maggioranza di CentroDestra, ma anche alle forze di opposizione - e quindi al Pd in particolare - che ambiscono a diventare presto maggioranza di governo nel Paese.

Emblematico della diversità di vedute che esiste all’interno del Pd è stato il botta e risposta tra il vice-segretario Enrico Letta ed il responsabile nazionale dell’economia, Stefano Fassina. Quest’ultimo non ha risparmiato  critiche al documento della Bce (“la ricetta dei tecnocrati europei è sbagliata”), mentre il vicesegretario ha replicato che “dobbiamo essere europeisti non a intermittenza e non possiamo essere ambigui sull'Europa. Lasciamo a Berlusconi la polemica contro la tecnocrazia europea". Bersani, mediando, ha ribadito "nessuna critica alla Bce", ma vogliamo discutere sulle ricette, su come si arriva al pareggio di bilancio, che noi vogliamo garantire, a differenza di quello che sta facendo questo governo".

Ampio spazio infine è stato dedicato alle prospettive di un’eventuale crisi di Governo. E sul punto sono intervenuti molti big. A chiedere a gran voce che Bersani imbocchi, non solo a parole, ma nei fatti, con l’iniziativa politica, la via dell'esecutivo di emergenza è stato Walter Veltroni: "Il Pd esca con una proposta politica chiara e inequivocabile. L'orizzonte nel quale si muove il Pd non è, come pure qualcuno ha sintetizzato, quello delle elezioni bensì quello del superamento del governo Berlusconi con un governo davvero responsabile. E' questa la via maestra e le due scelte, elezioni o governo di responsabilità, non possono essere messe sullo stesso piano". Prospettiva sulla quale ha concordato dalla sponda della  maggioranza anche Franceschini: “Siamo per un governo di transizione e questa rimane la nostra proposta anche se facciamo fatica a spiegarla al nostro popolo che vede aggravare sempre di più i problemi a causa della crisi. Proprio per questo la nostra proposta diventa sempre più attuale. Per questo la direzione deve pronunciare una parola netta". Così anche il vice-segretario Letta: "Occorre un governo di responsabilità nazionale con l'obiettivo di fare una riforma elettorale sulla base anche del successo della raccolta di firme per il referendum". Su questo si è innestata poi la questione alleanze. Letta, Marini, Fioroni, tra gli altri, hanno ribadito la necessità di coinvolgere l'Udc. Fioroni ha messo in guardia sulla strategia delle due fasi, prima la costituzione del Nuovo Ulivo con Idv e Sel e poi l'aggancio all'Udc. "Se facciamo così – ha detto - si creano i presupposti per riportare il Terzo Polo nel centrodestra. Questo è un errore grave". E Marini: "E' assolutamente strategica la necessità di una alleanza con l'Udc e l'area di centro. Vedo che qualcuno a questo proposito fa lo schizzinoso... evidentemente c'è chi non capisce di politica, perché l'area di centrodestra guarda proprio in quella direzione alla ricerca di novità e di sostegno". A favore del voto anticipato si sono schierati invece i dalemiani Nicola Latorre e Michele Ventura.  Bersani da parte sua, al termine della Direzione, ha replicato dicendo che il Pd "si sta attrezzando" ad entrambi gli scenari: voto subito o transizione.

Una lucida analisi della situazione politica generale, anche sulla base degli esiti della direzione nazionale del Pd, è quella che ha fatto Michele Salvati nell’articolo pubblicato su Il Corriere della Sera di mercoledì 5 ottobre (clicca qui): “La principale ragione per cui il governo Berlusconi è ancora in vita è perché, all’interno dell’attuale opposizione e tra i parlamentari della maggioranza che sono indispensabili per far cadere Berlusconi, e sarebbero disposti a farlo, due problemi sono ancora ben lontani dall’essere risolti”: il primo, “costruire un’alleanza e definire un programma” all’altezza della situazione di emergenza in cui ci troviamo e il secondo, “scegliere le regole elettorali e costituzionali” per il dopo Berlusconi. Analisi tanto più fondata se si considera che, da un lato, una forza con cui dovremo allearci come Sel ha dichiarato che il nuovo nemico da combattere è il neoliberismo di Draghi (Bertinotti addirittura ha affermato che questo è il momento della lotta, non del governo) e che, dall’altro, sono in atto manovre di riorganizzazione dell’area moderata, mentre una percentuale di oltre un terzo di elettori afferma di essere al momento per l’astensione. Con un De Rita che ha dichiarato a La Stampa (clicca qui) che l’unica possibile collocazione dei cattolici è nel centrodestra, il tema strategico per il nostro partito – che, è bene ricordarcelo, non può questa volta contare sulla leadership del cattolico e moderato Prodi - è quello di riuscire ad andare in tackle contro queste manovre, che domineranno la fase che si apre e che in caso di successo confinerebbero le ambizioni democratiche ad una limitata competizione a sinistra. Non è per questo che è nato il Partito Democratico. Anche per questo sarebbe bene che la dirigenza anziché ignorarle, come ha fatto, riflettesse attentamente sulle critiche di Mario Adinolfi (clicca qui), che la scorsa settimana è uscito dal partito, perché rispecchiano il pensiero di molti potenziali elettori.

pubblicata il 05 ottobre 2011

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