“Bye Bye Mr. Berlusconi”: i commenti della stampa estera sulla crisi

13 novembre 2011

liberation_berlusconi E' interessante leggere i commenti della stampa estera sulla caduta di Berlusconi: ci si rende conto di come viene visto il nostro Paese da osservatori esterni alle divisioni politiche italiane. E si hanno dei punti di vista inediti per riflettere su di noi e la nostra situazione.

Le Monde (Francia) si sofferma a descrivere l'affinità elettiva esistente tra Silvio Berlusconi e gli italiani, che per molto tempo è servita a spiegare il legame - incomprensibile per i più all'estero - tra il nostro Presidente del Consiglio e il suo popolo, che negli ultimi 17 anni lo ha eletto per ben tre volte alla guida del Governo. Scrive il giornale francese: "Gli italiani storcono il naso quando si tratta di pagare le tasse? Berlusconi è indagato per evasione fiscale. Gli italiani amano le belle donne? Berlusconi si circonda di ragazze attraenti e ammiccanti, e mette assieme una conquista dopo l'altra. Gli italiani vanno matti per il calcio? Berlusconi è il proprietario del Milan, che da anni trionfa in Italia e nel mondo. Gli italiani sono un popolo di cantanti e musicisti? Berlusconi ha registrato un disco di canzoni napoletane. In Italia ci sono 8 milioni di imprenditori? Berlusconi, cavaliere del lavoro, è l'imprenditore degli imprenditori". Alla fine però l'idillio si è rotto. Secondo Le Monde, schiacciato dal peso della crisi economica, Berlusconi non si è accorto del mutamento sociale in atto: trasmissioni come "Vieni via con me", la mobilitazione contro la cosiddetta ‘legge bavaglio', la manifestazione delle donne "Se non ora quando?", il trionfo dei referendum abrogativi delle leggi sull'immunità giudiziaria per il Presidente del Consiglio, sul ritorno al nucleare e sulla privatizzazione dell'acqua hanno dato vita ad una sorta di "sussulto civico". Ma non è detto che la "resistenza" sopravvivrà alla fine di Berlusconi dopo aver cercato di abbatterlo con tutte le sue forze, perché in fondo  "sono stati i mercati e non l'opinione pubblica a farlo cadere" e la sua uscita di scena "sarà seguita da un lungo e tortuoso processo di ricostruzione del Paese". La conclusione di Le Monde merita di essere meditata da noi italiani, perché ci ammonisce che, in fondo, dobbiamo fare i conti con noi stessi: "Orfani di colui che ha rappresentato per alcuni un modello e per altri l'incarnazione di tutti i mali, gli italiani dovranno guardarsi dentro per spiegare la loro particolarità che sembra in realtà un fenomeno diffuso. Tra qualche settimana Berlusconi non sarà più il muro che divide due tifoserie allo stadio; non sarà più un pretesto fin troppo facile per giustificare il degrado morale della vita pubblica e della società italiana; non sarà più la causa scatenante della spaccatura tra nord e sud né il colpevole dell'immobilismo del Paese. E a quel punto, che faranno gli italiani?"

Sempre su Le Monde troviamo un'efficace sintesi della gravissima situazione economico-finanziaria dell'Italia, anche se viene riconosciuto al nostro Paese di avere dei buoni punti di forza. Ciò che ci è venuto a mancare è la credibilità, a causa di un presidente ‘bunga bunga': "Da giorni i mercati sottomettono Roma ad una terribile pressione. Per collocare i suoi titoli di Stato e finanziare i suoi debiti, il Tesoro italiano deve pagare sempre di più: il tasso di interesse fissato dal mercato sulle obbligazioni a 10 anni è arrivato quasi al 7 per cento. Un record per l'Italia, un costo insostenibile che minaccia a brevissimo termine di far tremare seriamente la terza economia dell'Eurozona e, di riflesso, di assestare il colpo di grazia a tutta l'unione monetaria. L'Italia non è la Grecia. E' un paese altamente solvibile, con un'economia diversificata, e con i conti pubblici in uno stato migliore di quelli della Francia. Ma è piegata sotto il peso di un debito pubblico che rappresenta circa il 120 per cento del Pil. Per arrestare la spirale di un indebitamento che si autoalimenta, Roma, messa sotto sorveglianza dall'Fmi e dalla Commissione Europea, deve procedere a dolorosi aggiustamenti. Ma i mercati e i partner europei rimproverano a Berlusconi di non avere la credibilità necessaria per attuare questo programma. Il Cavaliere sconta anni di intrallazzi politici e affaristici, di manipolazione della giustizia, di scappatelle felliniane, anni di governo ‘bunga-bunga' che hanno dissolto il suo capitale politico".  Conclusione: "C'è una giustizia in queste dimissioni sotto la spinta dei mercati: è il contributo di Silvio Berlusconi alla salvezza dell'euro".

Il Neue Zurcher Zeitung (Svizzera) sottolinea come, con le sue dimissioni, Berlusconi abbia messo il destino dell'Italia "nelle mani del prudente Presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano ha il compito di indire nuove elezioni o di cercare una personalità che riesca a mettere insieme una nuova maggioranza, che affronti i problemi strutturali del Paese, con riforme serie e che riconquisti la fiducia dei mercati. Senza Berlusconi, comunque, le prospettive per l'Italia sono certamente migliori".

Impietoso il commento su Berlusconi del giornale La Vanguardia (Spagna) dal titolo "La caduta di un macho", che si lascia alle spalle un Paese sull'orlo della bancarotta: "la terra di alcuni tra i più brillanti pensatori politici della storia ha finito per farsi governare da un ‘macho' strafatto di botox e viagra, che tra un festino e l'altro in compagnia di ragazze prosperose guardava il sedere delle ministre di altri Paesi, faceva commenti volgari e prendeva a picconate i poteri dello Stato per ottenere un controllo sempre più forte". Ma La Vanguardia ne ha per tutti: "anche se gli italiani sono scesi in piazza per protestare, non sono stati loro a cacciare il Cavaliere, ma è stata l'economia (...). In Italia in questi anni hanno fallito la stampa e la tv, scivolate sotto il controllo diretto e indiretto del Premier; ha fallito l'opposizione, frammentata e senza leader carismatici; ha fallito il Vaticano, intrattenendo rapporti amichevoli con un uomo che rappresenta un insulto ai valori cristiani; e ha fallito l'intera società civile che si è lasciata avvolgere dalla rete tessuta dal primo ministro, fingendo di non vedere i suoi abusi e a volte approfittandone".

Molto pessimistica la lettura del The Daily Telegraph (Gran Bretagna), che ricorda "come al vertice del G20 di Cannes Silvio Berlusconi fosse così disinteressato alla discussione da essersi addormentato: mentre gli altri Capi del Governo cercavano un'intesa per impedire che l'Italia diventasse la prossima vittima della crisi dell'eurozona, i collaboratori del Premier italiano hanno dovuto scuoterlo per svegliarlo". Per gli altri leader dell'eurozona e per i mercati finanziari il Cavaliere è "la personificazione di tutto ciò che non va in Italia: prima se ne andrà prima potranno essere applicate le riforme indispensabili per evitare il default". Ma non è detto che la sua uscita di scena risolva qualcosa: "con tutti i suoi difetti il Governo Berlusconi è stato pur sempre uno dei più stabili del dopo guerra e ha sempre sostenuto un modello di sviluppo sulle leggi del mercato. Da domani possiamo aspettarci che in Italia ritorni il caos politico di un tempo". Per il giornale britannico neppure un Governo di unità nazionale forse sarebbe in grado di affrontare il problema di fondo: "il fatto che l'Italia faccia parte della moneta unica significa che non potrà usare gli strumenti dell'inflazione e della svalutazione per rimettere in moto la sua economia. Al contrario, Roma è condannata a varare un piano di austerità dopo l'altro e a subire le conseguenze della deflazione e della disoccupazione galoppante. La fine del bunga bunga potrà restituire all'Italia un po' di dignità, ma non risolverà nulla".

Anche il Der Standard (Austria) si sofferma sulla pessima classe politica italiana, dimostrando con i numeri come il nostro sia "il parlamento dei voltagabbana", "un male antico, tipico della babilonia politica corrotta che tradizionalmente antepone gli interessi personali al bene comune. Solo nell'attuale legislatura, 163 parlamentari hanno cambiato partito". Come pure ricorda che "nell'aprile del 2008, dopo le ultime elezioni politiche, alla Camera c'erano cinque partiti. Oggi sono 27". Secondo il giornale austriaco questo dei voltagabbana è un fenomeno comune del malcostume politico italiano: "Certo, non è facile battere il record di Pietro Mastranzo, che nel consiglio comunale di Napoli ha cambiato schieramento otto volte. Francesco Rutelli, nella sua lunga marcia dai verdi ai cattolici, è riuscito a cambiare casacca cinque volte". Ma "il protagonista più bizzarro del circo dei voltagabbana è il medico siciliano Mimmo Scilipoti, che addirittura ha fatto comporre un inno per la sua creatura, il Movimento di responsabilità nazionale". Secondo il Der Standard la casta dei politici "sa bene di essere disprezzata dagli italiani" e "tra i politici e i problemi quotidiani dei cittadini c'è ormai un abisso", come dimostra il recente sondaggio secondo il quale "solo un parlamentare su tre sa quanto costa la benzina in Italia". La conclusione è assai pessimistica: "i disertori vedono all'orizzonte tempi rosei (...). La coalizione di centrosinistra sicuramente trarrà vantaggio dalla caduta di Berlusconi, ma non sembra avere la maggioranza per governare: uno scenario ideale, quindi, per i voltagabbana, che, quando gli converrà, cambieranno fronte. Una volta verso destra, un'altra verso sinistra".

Severo, ma tutto sommato fiducioso nei mezzi dell'Italia, è invece  il Frankfurter Allgemeine Zeitung (Germania), secondo il quale i mercati non hanno condannato solo Berlusconi, ma l'intera classe politica italiana, che ha bisogno di leader responsabili: "l'opposizione invoca da mesi le dimissioni di Berlusconi ma non ha ancora un programma alternativo. Il Partito Democratico è sempre diviso tra un sostegno ad un governo tecnico di transizione che faccia le riforme e l'intransigenza della sinistra più radicale. Antonio Di Pietro, un leader populista ed ex pubblico ministero, preferirebbe nuove elezioni e definisce le riforme da Bruxelles e dalla Bce ‘macelleria sociale'. I democristiani dell'Udc sono caratterizzati da una retorica vuota e hanno una strategia che punta solo ad ottenere delle poltrone. Vogliono una nuova legge elettorale che rende i piccoli partiti ancora più forti e il Paese ancora più ingovernabile. (...) Gli italiani non possono continuare a sperare che siano gli altri a pagare per i danni causati dall'egocentrismo e dagli sbagli dei loro governanti. (...) I politici italiani dovrebbero dar prova di un atteggiamento finalmente responsabile. La trasparenza è l'alternativa al populismo o a politiche inopportune. Solo così l'Italia può affrontare riforme dure ma necessarie. Il paradosso di questa crisi è che, con le giuste riforme, potrebbe essere proprio l'economia italiana a ripartire più velocemente".

Anche Les Echos (di Parigi) dà fiducia al nostro Paese: "Per fortuna non è troppo tardi, e l'Italia può sperare almeno di stabilizzare la situazione. Il primo passo è liberarsi di Berlusconi. Il secondo è presentare tempestivamente un piano di risanamento credibile. La cura sarà durissima. Ma, a differenza della Grecia, l'Italia ha ancora delle carte da giocare. Il 55 per cento del suo debito è in mano a banche e ai risparmiatori italiani, e il paese può contare su grandi industrie e su una rete di piccole e medie imprese. L'Italia, inoltre, ha già dato prova di grande creatività politica. Dopo la scomparsa dei grandi partiti all'inizio degli anni novanta, si sono succeduti dei governi tecnici che hanno preparato l'ingresso nell'euro imponendo enormi sacrifici. Oggi come allora, dopo aver chiuso con il berlusconismo, Roma ha bisogno di una guida rigorosa. L'Italia e l'Europa non possono più aspettare".

pubblicata il 13 novembre 2011

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