Milleproroghe: il lavoro del Pd e i miei emendamenti

27 gennaio 2012

montecitorioLa Camera ha dato giovedì il via libera al decreto Milleproroghe su cui il governo ha posto il voto di fiducia. I voti a favore dell'esecutivo sono stati 469, 74 quelli contrari e 5 astenuti. Il PD ha dimostrato con il voto e con il lavoro in commissione la sua lealtà al governo e il suo impegno volto a raggiungere obiettivi di equità e di sviluppo. In questa direzione sono andate le modifiche ottenute sul tema delle pensioni. In particolare i lavoratori precoci, cioè quanti lasceranno il lavoro con 42 anni di anzianità prima di avere compiuto i 62 anni d'età (41 e un mese per le donne), non subiranno penalizzazioni se lasciano il lavoro con un'anzianità contributiva maturata entro il 31 dicembre 2017 inclusi i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e cassa integrazione ordinaria. Quanto agli esodati (che accettando incentivi economici dall'azienda in crisi si sono licenziati con la prospettiva di andare in pensione entro i successivi due anni e che con le nuove norme hanno visto svanire questa possibilità), non verrà loro applicata la riforma Fornero se hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011. Ha fatto molto discutere la copertura di queste misure, dapprima individuata dai relatori in un aumento dei contributi previdenziali da parte degli autonomi, poi sostituita per indicazione del Governo dall'aumento delle imposte sui tabacchi e, se le risorse non fossero sufficienti, potrebbe scattare un aumento dei contributi che le imprese versano per gli ammortizzatori sociali.
 
Nell'insieme è stato fatto un lavoro parlamentare buono, anche se bisogna ammettere che sul decreto milleproroghe si è verificato da parte dei partiti un piccolo assalto alla diligenza di vecchia memoria, con l'inserimento di alcune misure assai discutibili quanto all'omogeneità di contenuto. Meno male che almeno è stata cancellata dal Governo la norma con cui i relatori avevano inserito in sede di Commissione la proroga della sanatoria delle affissioni abusive elettorali fatta dal precedente governo Berlusconi-Bossi. Premesso che ho tirato un sospiro di sollievo quando il Governo ha chiesto di mettere in votazione in Commissione il proprio emendamento soppressivo, mi chiedo: ma era proprio necessario far fare al Parlamento una così brutta figura per attendere ai particolari interessi dei partiti?
 
Durante l’esame del decreto - in commissione e in Aula - ho presentato degli emendamenti. Alcuni in materia di personale degli enti locali, per consentire un allentamento dei limiti alle assunzioni a tempo determinato per i vigili urbani (per salvare così la possibilità dei progetti per attuare la vigilanza di quartiere ad es. nel periodo estivo) e per poter permettere ai nostri comuni di effettuare il minimo di assunzioni a tempo indeterminato necessarie a garantire i servizi essenziali quando un certo numero di dipendenti va in pensione. Per farmi capire, faccio un esempio: oggi gli enti locali possono assumere una persona ogni cinque che cessano il servizio nell'anno. Può accader per assurdo che uno dei nostri comuni resti senza vigili o senza assistenti sociali o messo comunale ad es. perchè in realtà in un solo anno vanno di regola in pensione (se il comune non è una città) meno di cinque persone. Per cui se in un anno se ne vanno due, in un altro tre, e poi ancora due, non si riesce a sostituirne nemmeno una. Invece per gli enti e ministeri centrali le quote cessate negli anni precedenti si sommano a quelle successive al fine di operare la sostituzione. Perchè tale iniqua ed illogica differenza di regime? La mia proposta era quella di unificare la normativa in senso sia più razionale, sia più virtuoso, consentendo di riportare nell’anno successivo eventuali margini originati da cessazioni di personale, non utilizzati nell’anno precedente. Purtroppo solo la prima proposta – presentata con il collega Calvisi – è passata, la seconda è stata dichiarata invece inammissibile, ma la ripresenterò alla prima occasione utile. Come pure ripresenteremo in tema di enti locali un altro emendamento che non è passato, sottoscritto con la collega De Micheli, che mirava ad allentare i pesanti limiti alla contrazione di mutui imposti ai Comuni dall'ultima manovra di Tremonti.

E’ stato dichiarato inammissibile anche un altro emendamento che ho formulato prendendo spunto dalla vicenda degli inquilini degli alloggi Inpdap siti in via Albona e via Capodistria a Treviso (su cui ho presentato di recente anche un’interrogazione). Si tratta di 65 famiglie che da oltre dieci anni stanno attendendo la vendita a loro favore degli appartamenti in cui vivono, dopo che l'Inpdap si era più volte impegnata in tal senso. Ora sono preoccupati che per effetto dell'articolo 21 della manovra ‘SalvaItalia' varata dal Governo Monti, in cui è prevista la soppressione dell'Inpdap, che sarà accorpata all'Inps, la soluzione della loro vicenda venga ulteriormente ritardata. Il mio emendamento stabiliva la proroga delle procedure amministrative di alienazione degli alloggi ad uso residenziale di proprietà dell’Inpdap già in corso per concluderle entro il 30 giugno 2013.

Altro tema su cui sono intervenuta, prima con un emendamento e poi con un ordine del giorno in Aula, riguarda la questione dell'applicazione dell’IMU anche all'edilizia sociale pubblica. Si tratta di uno dei punti problematici aperti dall'introduzione sperimentale dell'imposta municipale unica a partire da quest'anno sulla base dell'art. 13 del decreto Salva Italia. Federcasa ha stimato che l’applicazione dell’IMU peserà sui già magri bilanci degli enti gestori degli alloggi sociali per oltre 150 milioni di euro. La cifra, calcolata sui 750 mila alloggi popolari che gli ex IACP gestiscono in tutta Italia, ridurrà del 14% le entrate derivate dagli affitti che mediamente ammontano a meno di 100 euro/mese per alloggio. La nuova IMU si sommerà alle altre imposizioni fiscali (IRES, Imposta di Bollo e Registro, IRAP e IVA) che già gravano sul settore dell’edilizia residenziale pubblica per circa 220 milioni di euro all’anno, e – anche in considerazione dell’entità della rivalutazione (60%) della rendita catastale – porterà il carico fiscale complessivo a oltre il 45% delle entrate derivate dai canoni di locazione. Verrà così sostanzialmente ridotta la capacità degli enti di gestione e manutenzione del patrimonio, per non parlare della possibilità di investimento in nuovi alloggi. Per  fare un esempio, il direttore dell’Ater di Treviso mi ha riferito che l’IMU dovrebbe incidere per circa 2 milioni su un bilancio complessivo di circa 13 milioni di euro, di cui 8 per spese fisse e obbligatorie, riducendo così quasi del 40 per cento le risorse per fare investimenti. Tutto ciò in un momento in cui il settore dell’edilizia residenziale pubblica ha già ridotto la propria capacità produttiva del 37%, come ha evidenziato recentemente l’Osservatorio Congiunturale ANCI. Per questo con il mio emendamento chiedevo la proroga del termine per l’entrata in vigore dell’IMU in via sperimentale sugli immobili ERP, applicando per l’anno 2012 il regime di esenzione previsto per tali alloggi dalla precedente normativa sul'ICI.

Sul medesimo tema, visto che l’emendamento non è stato tra quelli fatti propri dai relatori, ho presentato un ordine del giorno in Aula (clicca qui), che il Governo ha accolto, impegnandosi a valutare l’opportunità di prevedere per gli ex IACP l'esenzione dall'IMU, esenzione tra l’altro prevista dalla bozza del decreto proposto dal Ministero Infrastrutture nel Consiglio dei Ministri del 20 gennaio, che poi non è stata confermata nel testo del “decreto legge sulle liberalizzazioni”, mentre è stata confermata l’esenzione per tre anni sui beni invenduti delle imprese costruttrici.

Poiché così si rischia di perdere un’importante occasione per ridurre il carico fiscale sul settore dell’edilizia residenziale pubblica e per destinare il gettito del nuovo tributo agli investimenti nella manutenzione e riqualificazione energetica del patrimonio, ho evidenziato questo tema anche al Capo di Gabinetto del Ministro Passera (l’edilizia sociale rientra infatti tra le competenze del Ministero per le infrastrutture), che mi ha dato la disponibilità a studiare congiuntamente una soluzione della questione, legando appunto l’esenzione all’investimento nella ristrutturazione ed efficientamento energetico del patrimonio Erp, oltre che a valutare l’estensione a tali enti delle detrazioni fiscali del 36 e del 55% per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. Temi questi, come forse ricorderete, oggetto – insieme al c.d. ecoprestito già attuato in Francia - di una mia proposta di legge.
 
 
mimetype LEGGI GLI EMENDAMENTI PRESENTATI AL MILLEPROROGHE

pubblicata il 27 gennaio 2012

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