Il benessere dei cittadini obiettivo di una nuova politica

23 febbraio 2012

famigliaMercoledì si è tenuta in Commissione bilancio un’interessante ed inconsueta audizione del presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, sulle iniziative in corso a livello internazionale ed europeo per individuare degli indicatori di misurazione del benessere dei cittadini ulteriori rispetto al Pil. Pensate che che il ministro del Tesoro australiano fin dal 2001 ha elaborato uno schema basato sul concetto di ‘benessere’ per conoscere più approfonditamente le condizioni di vita dei cittadini, così da orientare l’azione politica verso l’obiettivo di ‘migliorare il benessere degli australiani fornendo un supporto consono e tempestivo al governo’, per cui lo stesso ministero del Tesoro australiano, nell’elaborazione delle politiche economiche, giudica i singoli provvedimenti guardando alle seguenti dimensioni: ‘le opportunità di cui godono i cittadini; la distribuzione e la sostenibilità di tali opportunità; il livello e la locazione dei rischi che i cittadini e le comunità devono sostenere; il grado di complessità delle decisioni che cittadini e comunità devono affrontare’. Altro che limitarsi agli aspetti ragionieristici e finanziari!

Che la ricchezza materiale (misurata nelle statistiche dalla crescita del Pil e del reddito medio) non sia in grado di misurare il benessere di un Paese e dei singoli individui è un dato pacificamente riconosciuto. Vorrei ricordare uno dei memorabili discorsi alla nazione americana del presidente Franklin Delano Roosevelt, mentre imperversava la grande depressione, nel 1933, in cui disse: “La felicità non consiste nel semplice possesso di denaro: consiste nella gioia della ricerca, nel brivido dello sforzo creativo. La gioia e lo stimolo morale del lavoro non devono essere ancora dimenticati nella folle caccia a profitti illusori. Questi giorni oscuri ci costano molto, ma avranno molto valore se ci insegneranno che il nostro destino non è di essere serviti, ma di servire noi stessi e i nostri concittadini” (leggi il discorso completo).


Tanto più oggi, a distanza di ottant’anni da allora, considerati la rapidità della crescita della popolazione mondiale, i livelli dei consumi delle risorse naturali, energetiche ed ambientali, il travolgente sviluppo tecnologico da un lato, e, dall’altro, una quantità crescente di ricerche e studi che dimostrano come nei paesi più sviluppati la crescita economica ad ogni costo porta ad una maggiore infelicità e a livelli pericolosi di disuguaglianza, occorre concretamente interrogarsi sulla possibilità di realizzare una economia sostenibile, che consenta alle società umane di svilupparsi nel rispetto dei limiti ecologici del pianeta in cui viviamo. Così, mentre non si può negare che per le nazioni povere  lo sviluppo economico (nella concezione tradizionale) sia indispensabile per un miglioramento delle condizioni di vita di quei popoli, la domanda cruciale è se sia possibile delineare una proposta concreta di economia sostenibile (dal punto di vista ecologico e sociale) che nei paesi c.d. ricchi eviti di portare al collasso gli ecosistemi terresti sotto il peso dell’ “iperconsumismo” della nostra economia.

Ed ecco la buona notizia: anche in Italia sono in corso delle iniziative in tal senso. Più precisamente è stato costituito un Comitato di indirizzo sulla misura del progresso della società italiana, costituito dal Cnel e dall’Istat e composto di rappresentanze delle parti sociali e della società civile, con l’obiettivo di misurare anche nel nostro Paese il ‘benessere equo e sostenibile’ (BES), ovvero il benessere individuale e sociale e il contesto sociale in cui vivono i cittadini (ambiente, salute, benessere economico, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, relazioni sociali, sicurezza personale, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione, qualità dei servizi, politica e istituzioni). Entro la fine di quest’anno Istat e Cnel pubblicheranno quindi il Primo Rapporto sullo stato del benessere equo e sostenibile in Italia.

Questo lavoro permetterà di definire “che cosa conta davvero per l’Italia” andando “oltre il Pil”, formando una fondamentale piattaforma di conoscenza statistica che dovrebbe costituire la base delle scelte di una nuova politica, che sia in grado di indicare agli italiani una prospettiva per la costruzione di una nuova prosperità nel mondo globalizzato, dando un senso di partecipazione ai cittadini a questa intrapresa, chiedendo sì loro dei sacrifici nel breve termine per fare le riforme necessarie, ma garantendo nel contempo una prospettiva di benessere futuro comune, per sé e per i propri figli.
 
 
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pubblicata il 23 febbraio 2012

 
 
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