Audizione dell'ABI sull'Analisi annuale della crescita

01 marzo 2012

bancheMercoledì 29 febbraio scorso in Commissione Bilancio, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'Analisi annuale della crescita per il 2012, si è tenuta l'audizione del Direttore dell'Associazione delle banche italiane, dott. Giovanni Sabatini. Tre sono i temi su cui si è focalizzato: il risanamento dei conti pubblici;la crescita e la competitività; l'andamento dell'erogazione del credito.

Sul primo punto (risanamento), il rappresentante dell'Abi ha dato atto alla positiva azione del Governo, affermando che "il risanamento ora impostato è importante e lungimirante", come dimostrato dai "miglioramenti sul fronte degli indicatori di percezione della rischiosità, a partire dallo spread Btp-Bund", ma ha anche precisato che "il risanamento non è solo mera riduzione del deficit e del debito, ma anche gestione qualitativa delle poste di bilancio. Quello che serve - ha sottolineato - è dunque un risanamento fatto di contenimento e di selezione della spesa pubblica, cioè un risanamento orientato alla crescita economica". Sotto questo aspetto, il Direttore dell'Abi ha auspicato "uno screening attento e sistematico per singoli capitoli di bilancio, cioè quella spending review nella quale il Governo è oggi impegnato e sulla quale riferirà nei prossimi mesi" e la crescita di una "cultura della rendicontazione e del benchmarking", affinchè gli strumenti di misurazione delle performance ormai disponibili per comparti essenziali della spesa (istruzione, giustizia, etc..) siano "utilizzati con crescente intensità essendo indicatori di efficienza e di produttività dell'intervento pubblico ed essendo anche strumenti per la necessaria messa in campo di meccanismi volti a premiare e sanzionare". Inoltre il risanamento dovrà essere orientato ad una "ricomposizione qualitativa della spesa" da quella corrente a quella capitale (Sabatini ha ricordato che "agli inizi degli anni novanta per ogni 100 euro di spesa corrente primaria si spendevano 8,5 euro di investimenti pubblici; questa quota è scesa a 4,8 nel 2010 e scenderà a 3,5 nel 2014").

Sul secondo tema (competitività), l'Abi, ricordando come un ritmo di crescita del Pil più sostenuto sia necessario per "riassorbire le rilevanti sacche di disoccupazione soprattutto giovanile e femminile" (mentre l'Italia negli ultimi dieci anni ha registrato uno scarto di crescita rispetto alla media europea di 0,7 punti percentuali), ha ricondotto la carenza di competitività del Paese soprattutto "alle dinamiche di un indicatore chiave: il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), espresso dal rapporto tra costo del lavoro unitario (w) e produttività (ρ) (...). Nel 2011 il clup italiano risultava più alto di quello tedesco del 25%. In presenza di cambio fisso, ciò significa che i manufatti italiani oggi costano il 25% in più di quelli tedeschi rispetto alla situazione vigente nel 1998". Secondo Sabatini "l'origine della crisi dell'Euro è tutta qui, e qui bisogna intervenire se si vuole rendere stabile e coerente la moneta unica. E' nostra opinione che ciò richieda un giusto mix tra politiche di offerta e politiche di domanda: le prime devono essere essenzialmente realizzate dai e nei paesi oggi in crisi, le seconde nei paesi forti".

Se dunque la fattibilità di questo processo di convergenza non dipende soltanto da noi, ma è determinata anche dall'impostazione della politica economica tedesca, che deve ridurre il contenuto recessivo della sua politica economica, in ogni caso per l'Italia è necessario "recuperare almeno in parte quel 25% di competitività perduta" ed essendo il clup dato dal rapporto tra costo del lavoro unitario e produttività, per far meglio dei paesi forti occorre agire in senso migliorativo sui fattori che lo determinano.

Poiché "il nostro problema principale sta nella scarsa crescita della produttività e quindi nel denominatore del rapporto che connota il clup", le banche italiane sostengono "le azioni del Governo sia in termini di liberalizzazioni, che liberano potenziale di crescita nel settore dei servizi interni, sia per quanto concerne la riforma del mercato del lavoro, per quanto attiene alla riduzione di quei vincoli nell'utilizzo della forza lavoro che non consentono un pieno esplicarsi dei benefici delle innovazioni e spesso non consentono proprio di dar luogo alle innovazioni, ciò all'investimento in nuove tecnologie". Inoltre "insistono perché si superi anche la debolezza strutturale del nostro sistema economico legata alla ridotta dimensione delle imprese" (nell'audizione Sabatini ha ricordato che Banca d'Italia stima che un aumento del 10% della loro dimensione media comporta un incremento della produttività dello 0,2%, quindi un raddoppio delle dimensioni genera una crescita del 2% della produttività). Sabatini ha rilevato inoltre che "La capacità o per meglio dire l'incapacità del Paese nell'investire nella ricerca è la principale ipoteca sullo sviluppo futuro della produttività italiana", mentre altri paesi (Stati Uniti e Germania in primis) hanno fatto grandi investimenti di sistema nell'innovazione, e dunque occorre fare "sistema in modo da creare un ambiente favorevole all'investimento tecnologico".  Ancora, "occorre modernizzare la nostra pubblica amministrazione, in particolar modo per quanto concerne l'efficienza della giustizia civile".

Infine, occorre "tenere sotto osservazione anche il numeratore del clup, ovvero il costo unitario del lavoro sul quale agiscono certamente e pesantemente anche componenti extra-salariali (contributive e fiscali, a riflesso dei problemi della finanza pubblica) ma che deve avere una evoluzione più legata a quella della produttività".

Sul terzo tema (erogazione del credito), i dati e le osservazioni forniti dall'Abi sono stati interessanti per capire l'attuale situazione in cui le imprese lamentano l'esistenza di un ingiustificato credit crunch. Sabatini ha innanzi tutto ricordato che "nel 2007-2009 il sistema bancario italiano, ma anche quello europeo nella sua complessità, non hanno generato instabilità ma sono state vittima dell'instabilità generata dal sistema finanziario americano; mentre ora il sistema bancario europeo, e quello italiano in particolare, sono vittima di un nuovo contagio che deriva questa volta dal debito sovrano, o forse per essere più precisi dai timori del mercato sul debito sovrano".

Dopo aver premesso come "la ‘normale erogazione del credito' è prima di tutto interesse delle banche, essendo per le banche italiane la ragione stessa della loro esistenza", il direttore dell'Abi ha quindi affermato come, sia con i provvedimenti presi dall'Eba (regole sulla patrimonializzazione di fine 2011), sia con quelli non presi dai Paesi europei (garanzie statali sulle emissioni obbligazionarie senza il coraggio di un'azione comune europea più forte), "le banche dei paesi in difficoltà sono state lasciate sole ad affrontare gli effetti del contagio dei titoli sovrani". Particolarmente forte la censura dell'Abi all'azione dell'Eba (autorità di vigilanza europea), che "non ha reso e non renderà più facile un ritorno ad una normale erogazione di prestiti all'economia", accusata di aver ceduto alle "ansie dei mercati", adottando "una raccomandazione in materia di ricapitalizzazione che ha finito per alimentare il circuito perverso che dal rischio Paese passa al rischio bancario e ritorna al rischio paese attraverso la minaccia del deleveraging".

Solo "l'azione della banca centrale europea è stata tempestiva ed efficace, ed ha supplito ad errori di altri attori della politica economica europea": grazie all'importante operazione di rifinanziamento di fine dicembre e quella di qualche giorno fa i rendimenti sulla parte a breve della curva dei rendimenti sono tornati coerenti ai valori pre-luglio 2011 e il differenziale di rendimento sulle scadenze più lunghe rispetto ai titoli tedeschi ha iniziato a ridursi in maniera credibile. Secondo Sabatini solo "il permanere di questo sentiero di riduzione potrebbe consentire un ritorno alla normalità dell'attività di finanziamento dell'attività bancaria, attività che negli ultimi mesi è stata gravemente compromessa dalle tensioni finanziarie". E a sua volta "da questo ritorno alla normalità dell'attività di reperimento delle risorse dipenderà nel prossimo futuro la capacità delle banche di erogare un più consistente flusso di finanziamenti all'economia".

In ogni caso - ha sottolineato il direttore dell'Abi - "nei mesi passati, di grande travaglio per il Paese, le banche italiane sono state accanto allo Stato, alle imprese e alle famiglie". Più in dettaglio, "nella seconda metà del 2011, nel pieno della tempesta finanziaria sui nostri titoli, le banche hanno aumentato il proprio portafoglio di titoli di Stato per 16 mld di Euro". Inoltre, "nel corso del 2011, gli impieghi a imprese italiane sono aumentati del 2,5%, nella media dell'Area dell'Euro sono cresciuti dell'1,1%, in Spagna sono diminuiti del 4,7%. Nel corso del 2011, gli impieghi a famiglie italiane sono cresciuti del 3,7%, nella media dell'Area dell'Euro sono aumentati dell'1,5%, in Spagna sono diminuiti del 2,1%".

Su questo il direttore dell'Abi ha voluto soffermarsi in modo particolare.

"Fattore cruciale per capire la congiuntura attuale è l'andamento del flusso di risorse cioè dei movimenti del passivo, che per essere meglio compresi devono essere corretti da elementi di duplicazione. Nel complesso del 2011 i classici strumenti di raccolta presso residenti (depositi e obbligazioni) hanno rappresentato con un totale di 24 mld di Euro appena l'11% del totale delle risorse acquisite dalle banche italiane: per confronto si consideri che l'anno precedente la raccolta presso residenti aveva determinato un afflusso di risorse per quasi 130 mld di Euro. Come noto, la forte caduta di incidenza di questo canale di approvvigionamento dipende sia da fattori strutturali che congiunturali, ma è evidente che, soprattutto nella parte finale dell'anno, hanno pesato le rilevanti tensioni sul merito di credito dei nostri titoli sovrani che ha limitato sia la disponibilità di risparmio delle famiglie italiane e sia la possibilità delle banche di accedere allo stesso. Di conseguenza rilevante è risultata la dipendenza delle banche italiane dal rifinanziamento presso la BCE che con quasi 160 mld ha rappresentato oltre il 70% del totale delle risorse, apporto che si è concretizzato interamente nella seconda metà dell'anno in relazione all'ampliamento degli spread dei titoli governativi italiani rispetto a quelli tedeschi. Le difficoltà cui le banche italiane sono andate incontro per finanziare la propria attività sono visibili anche nella rilevante riduzione della raccolta dall'estero (una perdita di risorse per quasi 50 mld di Euro pari ad un contributo negativo per 21 p.p.). Infine, in questo sentiero stretto le banche hanno proceduto ad ampliare la propria base patrimoniale (31 mld di Euro pari al 14% del totale della raccolta), in modo da risultare compliant con le sempre più stringenti esigenze prudenziali. L'insieme di queste risorse è stato utilizzato in via prioritaria per supportare l'attività di finanziamento all'economia che, al netto della voce residuale, presenta il più alto volume di nuovi investimenti nel 2011: i 45 mld di nuovi finanziamenti all'economia sono stati suddivisi equamente tra famiglie e imprese. Questa crescita va sottolineata quanto più si consideri che nel corso del 2011, in relazione al peggioramento del quadro economico, è sensibilmente aumentato lo stock di sofferenze: tra la fine del 2010 e la fine dello scorso anno, lo stock di sofferenze è aumentato per quasi 30 mld di Euro, anche se quasi la metà di tale incremento è dovuto ad operazioni realizzate da alcuni gruppi bancari negli assetti societari".

A conclusione, l'Abi, condividendo l'indicazione della Commissione europea che per evitare di penalizzare le PMI occorra rivedere le norme prudenziali di Basilea 3, ha ricordato di aver presentato una proposta (PMI Supporting Factor) per limitare l'impatto delle nuove norme sul credito alle PMI.

A seguito delle domande dei commissari, il direttore dell'Abi ha quindi messo a disposizione ulteriori elementi di analisi. Più precisamente:

- all'asta di dicembre, dei 116 miliardi di liquidità lorda (cioè inclusi quelli per il rinnovo di precedenti operazioni) che la Bce ha assegnato alle banche italiane, solo 57 sono i miliardi netti, cioè aggiuntivi. Per il resto si tratta di risorse sostitutive, in quanto utilizzate per rimborsare finanziamenti, cioè obbligazioni bancarie, in scadenza i primi mesi dell'anno (per circa 77 miliardi). Il che significa che comunque la liquidità della prima asta della Bce ha consentito anche in questo caso di non ridurre gli impieghi a favore dell'economia;

- la nuova asta della Bce, quella del 29 febbraio, ha immesso 530 miliardi di liquidità, di cui una quota pari a 139 miliardi di euro lordi assegnati alle banche italiane. Di questi, 80 sono i miliardi netti;

- in ogni caso va rilevato altresì che le banche italiane nel 2011 a fronte di 160 miliardi presi dalla Bce, hanno effettuato depositi in Bce per soli 11 miliardi (il rapporto è di 4 miliardi riversati dalle banche italiane ogni 100 miliardi ricevuti, mentre la media in Europa è di 70 riversati ogni 100 ricevuti);

-  i dati di Bankitalia confermano che non c'è stata riduzione dello stock di credito di anno in anno nel triennio 2009-2011. C'è stato invece, a fronte del ciclo economico negativo, un rallentamento della crescita dello stock di credito all'economia (dall'8% al 2,1%). Peraltro la qualità dell'impiego del credito sta peggiorando  (viene finalizzata più che a nuovi investimenti a ristrutturazioni e rinnovo capitale circolante);

- quanto alla moratoria a favore delle imprese stabilita dal precedente governo (quella del triennio 2008-2009) la stessa ha comportato 15 miliardi di liquidità aggiuntiva a favore di 260.000 imprese, per lo più esportatrici. Scaduti i 12 mesi, il 60% delle imprese ha onorato regolarmente le proprie obbligazioni  (per il restante 40%  sembra si stia operando con rinegoziazioni). La nuova moratoria appena concordata con il Governo Monti molto probabilmente interesserà prevalentemente le imprese che operano sul mercato italiano, che oggi stanno soffrendo di più di quelle esportatrici per la caduta della domanda interna.


pubblicata il 01 marzo 2012

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