Decreto semplificazioni fiscali: le questioni irrisolte dell'IMU. Accolto il mio odg sulle abitazioni concesse in uso gratuito ai figli

19 aprile 2012

fiscoGiovedì scorso la Camera ha dato il via libera al decreto sulle semplificazioni fiscali, dopo che il Governo, la mattina, aveva incassato la fiducia sullo stesso testo. I voti a favore sono stati 445, i contrari 69, le astensioni 14. Il provvedimento passa ora all'esame del Senato per l'approvazione definitiva. Si tratta di un provvedimento che non rivoluziona il rapporto tra fisco e contribuente, ma introduce alcune norme sicuramente utili e concrete che vanno incontro a determinate richieste di snellimento delle pratiche burocratiche che aggravano le imprese di costi e lungaggini. Si introduce una maggiore possibilità di rateizzazione dei debiti tributari. In caso di mancato pagamento di una o due rate il contribuente non decade automaticamente dal beneficio della rateizzazione, potendo comunque concordare una soluzione con l’Agenzia delle Entrate. Inoltre, in presenza di taluni inadempimenti formali o ritardi, è possibile sanare la propria situazione entro il termine di scadenza della prima dichiarazione utile, versando una sanzione minima. Vengono apportate alcune modifiche in materia di consolidato nella cessione delle eccedenze e nella disciplina dello spesometro. Oltre ad introdurre la deroga all’utilizzo del contante per gli stranieri e la possibilità di non procedere all’accertamento e alla riscossione per i debiti tributari inferiori a 30 euro. Viene anche riformulata la disciplina fiscale del leasing. Fra le novità più rilevanti del provvedimento, ci sono inoltre lo stop al beauty contest per le frequenze tv, con la previsione di una gara pubblica da indire in 120 giorni, e un pacchetto di modifiche sull'IMU.

Come sapete, l’imposta municipale propria è entrata in vigore il 1° gennaio 2012, ma le regole di attuazione sono state ancora oggetto di ridefinizione, con emendamenti che talvolta sembrano frutto di improvvisazione  o di assoluta superficialità. Già l’eliminazione dell’ICI e l’introduzione dell’IMU senza una reale sperimentazione  e gradualità è stata una scelta centralistica che, nel nome dei comuni italiani, drena risorse in realtà a favore dello Stato. L’imposta risulta sempre meno municipale e propria, con evidenti invasioni di campo del governo che fissa la compartecipazione di propria competenza, riduce l’autonomia regolamentare degli enti locali, stabilisce come pagare, fissa aliquote base e predispone stime di gettito prive di supporti scientifici, generando difficoltà di governo delle entrate negli oltre 8.000 comuni italiani. Ma il livello di confusione è divenuto tale che i comuni, chiamati ad approvare i loro bilanci preventivi per il 2012, rischiano di elaborare stime di gettito, destinate ad essere modificate dalla semplice approvazione di un emendamento. In attesa di regole certe e definitive, restano in attesa di sapere quando e quanto potranno incassare, senza avere certezza di una congrua dotazione del fondo sperimentale di riequilibrio, a garanzia dell’equità fiscale e della sostenibilità dei bilanci degli enti locali. Il problema purtroppo non si limita alla assoluta incertezza dei Sindaci, nella elaborazione dei bilanci, ma si amplia in maniera enorme al momento della spiegazione ai cittadini contribuenti. Mancano due mesi alla scadenza della prima rata dell’IMU e i contribuenti attendono ancora di sapere come e quanto dovranno pagare.  La scelta di rendere possibile il pagamento dell’IMU sull’abitazione principale in tre rate, approvata da ultimo alla Camera su richiesta del Terzo Polo, appare inutile se non demagogica, in quanto rischia di complicare e moltiplicare gli adempimenti di versamento e di accertamento, senza benefici reali per i cittadini. Pagare l’imposta in due rate, il 50% a giugno e il 50%  a dicembre, sembra peggiore che in tre rate, ma in realtà al 17 settembre, scadenza della seconda rata, i contribuenti si troveranno ad aver versato il 66% dell’imposta, con saldo sempre a dicembre. Peraltro la situazione si complica per chi ha la prima e la seconda casa, con conteggi e versamenti diversi in base al numero di rate. I cittadini chiedono ai comuni regole semplici, scadenze certe e una fiscalità più giusta che sia suddivisa in base a principi di equità. La richiesta di norme chiare e semplici si scontra invece in questo caso con scelte che rischiano di fare aumentare moduli, scadenze, versamenti, ricevute, controlli e accertamenti, mentre sino ad oggi il fisco locale è sempre stato più vicino ai contribuenti rispetto a quello statale e ha consentito di valutare l’efficacia delle politiche fiscali e la quantità dei servizi erogati, le azioni di contrasto all’evasione e le scelte di riduzioni e agevolazioni. L’attuale livello di confusione nazionale su una imposta che dovrebbe essere locale, è l’esatto contrario di quello che chiedono i cittadini. Il passaggio da superare è prima di tutto culturale. Cominciare a pensare che i comuni non sono una controparte per lo Stato, non sono il problema, ma parte della soluzione, è il primo passo per garantire un fisco locale più equo e più vicino ai cittadini, come ha ricordato Bersani sabato scorso mentre era in Veneto.

Tra le tematiche concrete sull’IMU che restano ancora da definire (clicca qui), vi è quella dell’abitazione in uso gratuito a parenti. L’assimilazione all’abitazione principale per gli immobili concessi in uso gratuito a parenti, è stata oggetto in passato di eccessi e di abusi e quindi giustamente eliminata ai fini IMU. Rimane però almeno un caso che risulta ingiustamente colpito e riguarda i proprietari della prima e unica casa, concessa in uso gratuito o in nuda proprietà ai figli che vi risiedono. Il principio del tributo invocherebbe, per questi casi, l’assimilazione all’abitazione principale con aliquota IMU ridotta e relativa detrazione e non la tassazione ad aliquota ordinaria a carico dei genitori. Purtroppo non è così perchè in questi casi il comma 2 dell'articolo 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, oggi fissa per queste abitazioni l’aliquota base del 7,6 per mille, la stessa prevista per le seconde case, anziché l’aliquota ridotta del 4 per mille prevista per l’abitazione principale, senza nessuna detrazione. Una norma che rappresenta un vero e proprio salasso per tante giovani famiglie. Per questo ho presentato su questo un ordine del giorno (clicca qui), sollecitata da alcuni amici del territorio e consapevole dei molti casi (qualche centinaio) presenti anche a Roncade, per dare voce al problema che interessa molte giovani coppie che vivono nella casa o nell’appartamento concesso in uso gratuito dai propri genitori. Il Governo accogliendo il mio ordine del giorno si è impegnato a valutare, nel prossimo provvedimento utile, di inserire nella definizione di abitazione principale, anche l'unità immobiliare concessa in uso gratuito o nuda proprietà a parenti e affini in linea retta o collaterale di primo grado di parentela, a carico del bilancio dello Stato. Sarebbe una decisione ispirata a criteri di equità, che mi auguro si renda possibile quanto prima, una volta che si conoscerà la reale entità delle entrate dall’Imu o trovando la necessaria copertura della misura con una parte delle risorse derivate dalla lotta all’evasione fiscale!

pubblicata il 19 aprile 2012

ritorna
 
  Invia ad un amico