Legge elettorale, chi ha paura delle preferenze?

15 luglio 2012

legge_elettoraleMartedì 10 luglio scorso ho letto su Il Messagero l’articolo di Stefano Cappellini dal titolo “Chi ha paura delle preferenze?” (clicca qui).

Premetto che personalmente ritengo abbastanza buona la proposta di legge elettorale del Partito Democratico che prevede il collegio uninominale a doppio turno per l’elezione del 70 per cento dei parlamentari, anche se il 30 per cento sarebbe eletto con un sistema proporzionale (clicca qui), ma giunti dove siamo non credo sia possibile ignorare l’intervento deciso sul tema del Presidente Napolitano (clicca qui), dovuto al fatto che in Parlamento la riforma del Porcellum ristagna tra veti contrapposti. E la proposta del Pd non ha speranza di passare visto che gli altri partiti della maggioranza hanno altre idee al riguardo.

Per questo penso che si deve provare almeno a correggere il Porcellum o rischiamo di tenercelo. Così ho deciso di sottoscrivere il disegno di legge appena depositato dal collega del Pd Andrea Rigoni (clicca qui), che partendo proprio dal presupposto negativo che i partiti non si mettano d’accordo per sostituire il Porcellum, apporta all’attuale legge elettorale alcune specifiche modifiche per correggerne i peggiori difetti. Più precisamente: 1) introduce la possibilità per l’elettore di indicare una sola preferenza all’interno della lista del partito per scegliere il candidato alla Camera e al Senato; 2) modifica il meccanismo di attribuzione del c.d. premio di maggioranza inserendo la condizione che, per averlo, la coalizione di liste o la lista maggioritaria debbano raggiungere almeno il 45% dei voti validi (oggi la lista o la coalizione che prende il maggior numero di voti validi, anche se non si tratta di un consenso qualificato, ha automaticamente il premio di maggioranza sino al raggiungimento dei 340 seggi).  

Con questo non credo che le preferenze siano la migliore soluzione in assoluto e liberino i cittadini dall’influenza del potere delle eventuali oligarchie dei partiti e dalle varie lobbys. Inoltre la sudditanza, la cooptazione, la corruzione non svaniscono perché i cittadini scelgono con la preferenza il loro rappresentante parlamentare, anzi,

 le preferenze possono favorire, specie in alcune aree del Paese, distorsioni, maneggi, cordate poco trasparenti, compravendite, senza considerare che le stesse fanno lievitare il costo delle campagne elettorali.

Ma i cittadini vogliono tornare a eleggere i propri rappresentanti e si ribellerebbero a essere costretti per la terza volta a ratificare con una croce scelte integralmente calate dall’alto. L’hanno detto con il successo della raccolta firme per il referendum sulla legge elettorale (che avevo sostenuto anch’io), stoppato lo scorso gennaio dalla Corte costituzionale. E lo hanno ribadito le ultime elezioni amministrative che, con un assenteismo che arriva alla metà degli elettori e con l’affermazione di nuovi movimenti anti-sistema o anti-politica, hanno dato un chiaro segnale che la misura è colma e che è urgente il rinnovamento dell’offerta e del ceto politico. Per questo francamente non ho capito la durezza con cui autorevoli esponenti del Pd hanno rifiutato ogni ipotesi di introduzione delle preferenze.

La verità è che non esiste un solo metodo per ridare potere di scelta ai cittadini. Sono possibili più soluzioni e tutte dignitose, ma se non si riesce a farle passare in Parlamento non possiamo proprio noi del Pd escludere in modo assoluto il sistema della preferenza unica, che tra l’altro funziona ancora per i Comuni e per le Europee. E ciò che è peggio è che questa posizione rischia di far passare un messaggio negativo di autoreferenzialità e debolezza dell’attuale classe dirigente del Pd, come spiega Cappellini: “L’attuale è una leva di politici cresciuta nell’era del leaderismo che tutto copre e tutto ricompensa, dei partiti leggeri a immagine e somiglianza del padre-padrone, che orienta il consenso a colpi di strumenti mediatici, utilizzando la massa parlamentare come carne da cannone per i propri scopi e per la lotta interna, ricompensando tutti, quadri e militi ignoti, con elezioni certe e senza fatica. 

Dalla contesa per le preferenze nascono pure circoli virtuosi: tornano a contare la capacità di dialogo del candidato, la forza della sua proposta, la credibilità del nome. Uno sforzo che gran parte della nomenclatura, viziata da un ventennio di elezioni pilotate (prima con la garanzia dei collegi blindati poi con le liste bloccate del Porcellum), non ha voglia di affrontare. Con le preferenze i peones dovrebbero lavorare ventre a terra sul territorio anziché limitarsi a frequentare assiduamente le stanze della segreteria nazionale per garantirsi la benevolenza del leader. I dirigenti dovrebbero verificare sul campo se hanno davvero il consenso che giustifica le loro cariche. 

Magari, a misurarsi davvero, si scopre che il giovane e attivo consigliere comunale batte il famoso capogruppo. Magari no. Ma è un rischio che questo ceto politico non vuole correre. Finendo così per dare un’altra arma dialettica alle campagne anti-casta, comprese le più cialtrone e ipocrite”.

Ecco perché ho sottoscritto il disegno di legge a prima firma Rigoni, che pure avrebbe bisogno di miglioramenti per cercare di limitare gli aspetti comunque negativi che presenta il sistema delle preferenze, già sperimentati nel passato. Perchè la preferenza rappresenterebbe comunque un passo avanti rispetto al Porecellum. E perché dobbiamo evitare che, a forza di bocciare ogni sistema che non sia in cima alle preferenze del Pd, si alimenti il sospetto che in realtà anche noi speriamo di tenerci il peggior sistema elettorale dei Paesi occidentali.

Qualcuno potrebbe obiettare: ma il Pd può fare le primarie se si vota con il Porcellum. A parte le esperienze a dir poco imbarazzanti che si sono verificate nelle primarie del Pd in alcune città e regioni, qualcuno mi vuol spiegare perché la preferenza che l’elettore dovrebbe dare ai gazebo del Pd è buona, mentre è cattiva quella che darebbe in cabina elettorale?

Sulle primarie ho da tempo condiviso e sottoscritto una proposta di legge che, sul modello delle primarie degli Stati Uniti, le formalizza come momento del percorso elettorale: per garantirne la trasparenza e correttezza si prevede la pubblicizzazione degli albi e la loro conduzione da parte di funzionari pubblici. Se questo non accade, credo che la preferenza unica da esprimersi in cabina elettorale non sia più pericolosa della preferenza da esprimere al gazebo.

pubblicata il 15 luglio 2012

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