Direzione nazionale del PD: l'intervento che avrei voluto fare

07 marzo 2013

pdEcco l’intervento che, per esigenze di tempo, su decisione della presidenza, non mi è stato concesso di fare nella direzione nazionale di mercoledì scorso.

 

Ringraziando il segretario Bersani per la relazione e per aver avanzato una proposta programmatica (leggi gli 8 punti illustrati), cerco di dare un contributo in tre punti.

1) Sul piano dell'analisi del voto. Condivido la sintesi di Ilvo Diamanti: la rimonta di Berlusconi è una leggenda, ha perso in realtà la metà degli elettori (6.300.000 rispetto al 2008). Il centrodestra è divenuto competitivo solo perché il Pd ha perso quasi tre milioni e mezzo di voti. Allora per ricominciare non dobbiamo guardare gli altri, dobbiamo guardarci dentro e avere il coraggio di dire che non è solo un problema di leadership o di comunicazione: a risultare sconfitta dal voto è la stessa linea politica del Pd. Quella uscita dal congresso del 2009, in cui si è accantonata la vocazione maggioritaria, ovvero l'obiettivo di rivolgersi a tutto il Paese e non solo alla parte tradizionalmente orientata a sinistra, mettendo invece al centro la strategia delle alleanze, per costruire prima il campo dei progressisti (con Sel, dopo che l'Idv ha preso un'altra strada) e poi allearsi con i moderati (prima Casini, poi Monti). A chi oggi del gruppo dirigente è intervenuto invece affermando che non dobbiamo stupirci dell'esito elettorale visto il livello di disperazione della gente, dico che allora dovevamo prevederlo e agire di conseguenza. A chi afferma che abbiamo pagato il prezzo della responsabilità di aver sostenuto il Governo Monti, ricordo che Scelta Civica ha preso il 10% dei voti, mentre Vendola, che ha fatto la campagna delle primarie e quella elettorale proprio affermando la discontinuità con l'agenda di Monti, ha preso il 3%. E' l'ambiguità della nostra linea politica il vero problema. Gli elettori si sono chiesti: se voto Pd, voto per un Governo alleato con Monti o con Vendola?

In secondo luogo, se dobbiamo farci interpreti del profondo cambiamento chiesto dal voto degli italiani, e io sono d'accordo, mi chiedo: possiamo essere credibili interpreti del cambiamento nel governo del Paese, senza cambiare prima di tutto noi stessi, il nostro partito, dimostrando in modo chiaro una discontinuità sul piano politico-culturale, sulla strategia politica, sulla dirigenza che l'ha portata avanti, sull'organizzazione stessa del Pd? Possiamo oggi ancora permetterci, a spese dei cittadini, un partito pesante, un apparato costoso di funzionari e dirigenti? Credo dovremo confrontarci su tutto ciò in un prossimo congresso, aperto non solo agli iscritti prima di una certa data. 

 

2) Sugli otto punti. Considerata la situazione assai complicata sul piano politico-istituzionale e che quelli indicati non sono otto, ma almeno una quarantina di punti, sarebbe forse opportuno indicare delle priorità (articolo Ricolfi). Con un 2012 che segna un calo del Pil del 2,4%, un debito pubblico che ha raggiunto il 127% del Pil, una disoccupazione dell'11,7% e una pressione fiscale al 44,4% del Pil, realizzare questi punti, reperendo un'adeguata copertura finanziaria, visto che in gran parte si tratta di interventi a carico della finanza pubblica, non appare infatti agevole in tempi medio-brevi. Nell'immediato bene le misure per pagare i debiti della Pa alle imprese e l'allentamento del Patto di Stabilità per le opere dei comuni, ma sarebbe anche utile concentrarsi - con una vera e propria task force - sulle semplificazioni burocratico-amministrative (che ogni governo ha proclamato a parole senza riuscire a farle) per favorire gli investimenti privati.

Per essere un programma di oltre 40 punti, inoltre, mancano alcuni temi strategici: famiglia e federalismo sono parole che abbiamo cancellato dal nostro lessico? Parlare di spending review e non dire che vogliamo si proceda a spron battuto per completare la determinazione dei costi e fabbisogni standard per le autonomie locali - estendendoli anche agli apparati dello Stato - significa continuare con i tagli lineari. Si può parlare solo di unioni civili omossessuali e non porsi il problema che le famiglie con figli stanno impoverendo in modo drammatico?

Sul piano fiscale, va bene ridurre l'Imu sulla prima casa, ma occorre anche eliminare la Tares (la nuova imposta sul servizio  dei rifiuti e dei servizi indivisibili dei comuni) per non complicare dal prossimo luglio la vita di famiglie e imprese con una nuova imposta. Tanto più che questa misura è più facilmente sostenibile sul piano finanziario.

Vogliamo dire qualcosa di incisivo in materia fiscale per recuperare il rapporto tra Stato e contribuente? Allora stabiliamo per legge che l'onere della prova in materia fiscale, come deve essere in uno Stato di diritto, è a carico dell'amministrazione finanziaria, e non del contribuente.

Bene finalmente l'abolizione delle province, ma allora cerchiamo di non arrivare a dire solo tra un anno - e perché costretti - che vogliamo l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Infine serve una normativa per dare un taglio netto ai rapporti tra politica e banche.

 

3) Sul piano della proposta politica. Se gli elettori hanno manifestato nei termini che sappiamo la loro volontà, assumersi delle responsabilità per il Governo del Paese non significa essere disposti a tutto. Questo vale però sia nei rapporti con Berlusconi, sia nei confronti di Grillo. Del primo si è già detto. Quanto al secondo, io stessa subito dopo il voto ho pensato che fosse possibile su alcuni temi convergere in Parlamento con i 5 Stelle. Poi però ho sentito Grillo dare del ‘morto che cammina' al nostro segretario e delle ‘facce di culo' ai nostri candidati alle primarie Renzi e Bersani. Penso che, se abbiamo un minimo di senso dell'orgoglio o quanto meno di rispetto anche per i nostri militanti, per noi Grillo deve essere aut almeno quanto Berlusconi.  Leggetevi i commenti dei 5 Stelle che stanno seguendo la nostra direzione in streaming, sono istruttivi.

Perciò concentriamoci sull'agenda delle nostre proposte di riforma, provando a comunicarle in modo efficace agli italiani, e rimettiamoci con fiducia al Presidente della Repubblica affinché sia lui a verificare la possibilità che ci sia in Parlamento, alla luce del sole e senza inciuci, una maggioranza che le sostenga.

 

mimetype LEGGI L'ARTICOLO "GLI OTTO PUNTI INCOMUNICABILI DEL PD" - LA STAMPA, 6 MARZO 2013

mimetype LEGGI L'ARTICOLO "L'ILLUSIONE DEL CAVALIERE E LA RISMONTA DEL PD" - LA REPUBBLICA, 4 MARZO 2013

mimetype LEGGI L'ARTICOLO "HA PERSO L'IDEA DI PARTITO, NON SOLO BERSANI" - L'UNITA', 5 MARZO 2013

 


pubblicata il 07 marzo 2013

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