Difendere il patrimonio produttivo italiano con una tassazione più efficace sulle delocalizzazioni

02 maggio 2013

In occasione della Festa del lavoro del 1° Maggio ho depositato alla Camera la proposta di legge n. 851 dal titolo "Modifica all'articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di criteri di valutazione applicabili ai trasferimenti di beni tra società nelle operazioni transfrontaliere di riorganizzazione" (presentata il 29 aprile 2013, annunziata nella seduta del 30 aprile 2013).

Si tratta di un disegno di legge che ho scritto con la preziosa collaborazione di Giovanni Piasentin, esperto di fiscalità delle imprese, che fa parte del mio staff, e che ho presentato in municipio a Quarto d'Altino (clicca qui per vedere il video), insieme alla sindaca Silvia Conte, avendo preso spunto dal caso della Ditec di Quarto d'Altino (VE), azienda produttrice di automazioni per porte e cancelli automatici residenziali e industriali che nel 2009 è stata acquisita dalla multinazionale svedese Assa Abloy di Stoccolma. Neanche due anni dopo, il 6 dicembre del 2011, questa ha comunicato alle rappresentanze sindacali la decisione di chiudere la sede in Quarto d'Altino, delocalizzando l'attuale produzione per una parte in Repubblica ceca e per un'altra parte in Cina, preannunciando il licenziamento di 90 dei 130 dipendenti dell'attuale sede di Quarto d'Altino, con gravi conseguenze occupazionali e sociali anche per i numerosi lavoratori che operano nell'indotto, mantenendo però a Quarto il centro ricerca e sviluppo dell'azienda.

Fenomeni di rilocazione all'estero della produzione come questo sono purtroppo particolarmente frequenti nell'ambito dei gruppi multinazionali, i quali non  scontano oggi nel nostro Paese un livello di imposizione adeguato ai valori attuali o potenziali trasferiti.

Questo disegno di legge ha l'obiettivo di far fronte alle conseguenze negative sul piano fiscale, economico e sociale provocate dallo smantellamento di aziende residenti in Italia, pur vitali e competitive, attraverso riorganizzazioni aziendali con trasferimento di funzioni in altri Paesi (c.d. delocalizzazioni) e di salvaguardare sul piano fiscale il patrimonio di know how di tante nostre aziende che rappresentano l'eccellenza del tessuto produttivo manifatturiero per scongiurare che gruppi multinazionali possano, soprattutto in questo momento continuare a fare shopping a basso costo in Italia, per poi delocalizzare le produzioni e il know how italiano nel mondo. Non possiamo impedire certo che lo facciano, ma in questo modo almeno pagherebbero finalmente, in termini fiscali, un equo prezzo per il trasferimento.

Per salvaguardare l'interesse nazionale, ispirandoci all'analoga legislazione tedesca introdotta nel 2008, abbiamo formulato così una normativa fiscale più rigorosa che esige, all'atto di trasferimento di funzioni aziendali all'estero (ad esempio in sede di dismissione di siti produttivi e/o di reti distributive in Italia, a volte non giustificata da crisi o cali del fatturato, e dopo pochi anni dalla loro acquisizione da parte di multinazionali), che sia effettuata una serie di valutazioni, relative a tutti i beni materiali e immateriali, utilità e opportunità, oltre ai rischi che vengono trasferiti. Sul punto si veda più approfonditamente l'allegato testo della proposta di legge e relazione introduttiva (clicca qui).

So bene che siamo in ritardo e molti buoi sono già scappati dalla stalla, ma già un anno fa avevo consegnato questa proposta personalmente al Ministro Corrado Passera. Spero che sia di buon auspicio per la sua approvazione il fatto che il nuovo Ministro allo Sviluppo economico è il nostro Flavio Zanonato, al quale ne ho già parlato.


pubblicata il 02 maggio 2013

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