Nuovo incarico al Presidente Napolitano, ora serve operare per le riforme

24 aprile 2013

napolitanoCon 738 voti su 1.007 il 20 aprile scorso abbiamo rieletto Giorgio Napolitano Presidente della Repubblica. Una scelta obbligata per fermare le irresponsabili manovre di palazzo di vecchie nomenclature e di nuovi ‘capipopolo', che, approfittando degli errori della dirigenza del Pd, hanno messo i loro interessi di parte davanti a quelli dell'Italia.

Nelle votazioni precedenti alla rielezione del Presidente Napolitano si è assistito al massacro di autorevoli candidature, bruciate sull'altare dell'improvvisazione e della disorganizzazione. Personalmente ho sofferto un grande disagio durante la prima votazione, combattuta tra senso di responsabilità verso il nostro segretario e la consapevolezza del ‘sentiment' fuori dei palazzi e nella base del nostro partito. Pur apprezzando la figura di Franco Marini, all'ultimo ho deciso - dichiarandolo apertamente - di votare scheda bianca per manifestare il disagio per una candidatura che agli occhi di tutti è apparsa subalterna al volere di Berlusconi. Lo stesso Franco Marini il giorno dopo, in una intervista al Messaggero, ha ammesso: "Sono stati compiuti gravi errori di comunicazione, sono stato fatto passare come il candidato della vecchia politica, del patto scellerato con Berlusconi. Non è stato chiarito all'opinione pubblica il valore di una candidatura condivisa per la pacificazione del Paese. Qui siamo davanti ad una dimostrazione palese di incapacità. Si è giocato sulla mia pelle".

A ciò ha fatto seguito l'ancor più nefasto esito della votazione sulla candidatura di Romano Prodi, a seguito del quale il segretario Bersani, la sera del 19 aprile, ha annunciato all'assemblea dei Grandi Elettori del Pd, al Capranica, le sue dimissioni, provato ed amareggiato per l'irresponsabile tradimento del padre dell'Ulivo da parte di oltre un centinaio di franchi tiratori del Pd, "uno ogni quattro dei presenti in questa sala" ha sottolineato. Non avrei mai immaginato di partecipare a un momento così drammatico per la sorte del Partito Democratico. Dissentire è un diritto, ma va fatto in modo franco e trasparente, mentre dichiarare nell'assemblea del gruppo della mattina una cosa e poi colpire alle spalle nell'urna è moralmente inaccettabile. Personalmente faccio parte della minoranza del partito che non ha condiviso al congresso del 2009 la linea politica del segretario Bersani, che pure in questa fase ha commesso degli errori, ma pugnalarlo così alle spalle è stato indegno, specie da parte di coloro che lo hanno sfruttato per avere visibilità e fare carriera nel partito.

Un commento infine sulla tattica di Beppe Grillo che, in un momento in cui un Paese stremato ha bisogno di unità e non di populismo, per destabilizzare la democrazia rappresentativa, non ha avuto remore a strumentalizzare una candidatura autorevole come quella di Rodotà (quello stesso Rodotà che Grillo nel 2011 aveva inserito nella lista dei parlamentari pensionati d'oro, definendoli maledetti) con l'unico scopo di spaccare il Partito Democratico (attuale forza maggioritaria in Parlamento e possibile serbatoio di voti, dopo che gli elettori del centrodestra stanno abbandonando M5S anche nei sondaggi). Arrivando addirittura a parlare di ‘golpe' dopo l'elezione di Napolitano perché i mille grandi elettori avrebbero disatteso la volontà del popolo! Pensare che i voti espressi nell'ambito delle quirinarie sono stati 28 mila in tutto e il candidato Rodotà ne ha presi 4.677, mentre gli aventi diritto al voto alle ultime politiche di febbraio 2013 sono stati ben 50.449.979! Se si vuole che siano i cittadini a scegliere il Capo dello Stato, allora tutti gli elettori hanno il diritto di votare e non solo poche migliaia di loro sulla rete! Coerenza vorrebbe allora che si approvasse una riforma in senso almeno semi presidenziale. In caso contrario vale ancora la democrazia parlamentare stabilita dalla Costituzione. Come ha scritto su La Stampa dell'11 aprile il presidente emerito della Corte Costituzionale Ugo De Siervo, "anche questa volta il livello polemico delle prese di posizione di Grillo appare del tutto inaccettabile: riferirsi a presunti ‘colpi di Stato' degni di militari golpisti, spingere ad occupazione delle aule parlamentari, o parlare di bastoni o forconi con cui inseguire gli avversari politici ricorda terribilmente la frase tragica che precedette il sorgere del terrorismo. Sostituire ad una pur vivace dialettica politica la demonizzazione dei nemici, raffigurati come colpevoli di ogni nefandezza, è un errore imperdonabile" (pensiamo a quello che è successo domenica 28 aprile davanti a Palazzo Chigi). Credo che lo stesso Rodotà, che si è nettamente dissociato dall'accusa di golpe di Grillo, abbia compreso successivamente di essere stato strumentalizzato e forse si sarà anche rammaricato di essersi prestato inconsapevolmente al gioco di Grillo. Come ha scritto Folli sul Sole 24 Ore del 22 aprile, "una volta decisa la convergenza delle grandi forze su Giorgio Napolitano, il buon senso avrebbe consigliato di ritirare Rodotà per rispetto al Capo dello Stato in procinto di essere rieletto... si sarebbe evitata quella grave contrapposizione, del tutto forzata, fra il palazzo e la piazza". E, come ha scritto Marco Olivetti sull'Unità del 18 aprile, "Se nello scorso ventennio la tentazione dominante è stata la degenerazione monocratica del nostro sistema di governo, all'inizio della XVII legislatura appare un rischio nuovo: quello del giacobinismo identitario, di cui un Presidente della Repubblica ‘puro e duro', indisponibile a transazioni immediatamente rubricabili come inciuci, dovrebbe essere il Grande Facilitatore, pronto ad utilizzare la Costituzione come una clava".

Proprio per evitare tutto questo, sin dal pomeriggio del 18 aprile, sulla mia pagina facebook, dopo la bocciatura della candidatura di Marini, avevo auspicato la rielezione di Napolitano, perché come Presidente della Repubblica ha saputo costituire un riferimento unitario - forse l'unico esistente - in un Paese di minoranze incomunicanti, nella società e in Parlamento. E lo ha confermato con autorevolezza, fermezza e coraggio nel suo discorso al Parlamento il 22 aprile scorso (clicca qui).

pubblicata il 24 aprile 2013

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