Dai Comuni buone notizie per il Pd, ma teniamo i piedi per terra

17 giugno 2013

manildo_vittoriaOnore e merito ai nostri candidati sindaci che hanno vinto sostenuti dall'entusiasmo e dal lavoro di tanti militanti sul territorio. Le vittorie ai ballottaggi di Treviso, San Donà di Piave e Martellago, come quelle di tante altre città italiane dove si è votato per eleggere il sindaco, dimostrano che il centro sinistra, in questo momento, ha saputo meglio interpretare i nuovi sentimenti e bisogni dei cittadini, più attenti a beni comuni come l'ambiente, la salute, la sicurezza, la solidarietà, approfittando della parabola discendente del Centro Destra, e in particolare della Lega, che ha tradito i propri elettori privilegiando la gestione del potere al buon governo delle città.

A Treviso in particolare Giovanni Manildo e il centro sinistra hanno saputo sfruttare lo sfracellamento del centro destra, con una Lega che ha fallito l'obiettivo del federalismo a livello nazionale e che in 20 anni non ha saputo costruire un ruolo da protagonista a livello regionale alla città capoluogo, svuotandola culturalmente e urbanisticamente, lasciando praticamente solo a combattere un candidato come Gentilini, il quale per primo ha riconosciuto che è finita un'era.

Rimane tuttavia il fatto che una larghissima fetta di elettori non ha votato, confermando che la sfiducia nei confronti della politica è alta. Un dato ancor più grave se si considera che gli elettori erano chiamati a scegliere il proprio sindaco, ovvero il rappresentante dell'istituzione, il comune, da sempre loro più vicina.

Dunque guai a lasciarsi andare a facili entusiasmi all’indomani del ‘cappotto’ alle amministrative, pensando che quanto successo nel Pd tra la sconfitta elettorale del 27 febbraio e le dimissioni di Bersani del 20 aprile sia una piccola parentesi di follia, un incidente di percorso, mentre prima tutto andava bene.

I nostri nuovi amministratori devono tenere i piedi ben piantati a terra, lavorare con umiltà e concretezza, restando in mezzo ai cittadini anche dopo la campagna elettorale.

E nel Partito Democratico, tanto più in vista del percorso congressuale, deve aprirsi una discussione sulle cause della sconfitta elettorale, che è stata sconfitta di una linea politica, quella uscita dal Congresso nel 2009, che sosteneva la necessità per vincere le elezioni di alleanze a sinistra (vi ricordate la foto di Vasto e Di Pietro?) per poi allearci per governare anche con le forze di centro. Risultato: mentre la linea politica fondativa del Pd, quella interclassista e a vocazione maggioritaria di Veltroni, ci portò a raccogliere alle politiche del 2008 oltre 11 milioni di voti, quella progressista ne ha portati 3 milioni e mezzo in meno lo scorso febbraio, pur con un centrodestra in grandissima difficoltà, costringendoci ad un governo di larghe intese, con una maggioranza anormale, sia pure inevitabile.

Al prossimo congresso due sono dunque le questioni da porre: una correzione coraggiosa e innovativa di linea politica ed un cambio di leadership, che riportino il Pd all’ambizione di essere un partito rappresentativo e di largo consenso, anche in Veneto.
 
 
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pubblicata il 17 giugno 2013

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