Indipendenza, c'è il comitato referendario - Corriere del Veneto

11 novembre 2014

Pagina 3, Primopiano

VENEZIA Prima la Scozia. Poi la Catalogna. Possibile che solo in Veneto non si riesca a mettere in piedi il referendum per l’indipendenza dalla Madre Patria, per quanto simbolico o ufficioso? Se lo chiedono i secessionisti col leone di San Marco nel cuore, rinvigoriti, dopo l’estenuante tira-e-molla degli ultimi mesi, dai numeri impressionanti del voto spagnolo di domenica: 2,3 milioni di persone ai seggi (compreso il governatore catalano Artur Mas), lunghe file alle urne, l’80% dei partecipanti deciso a dire addio a Madrid. E non c’è solo questo. Il sociologo Ilvo Diamanti ha pubblicato ieri su Repubblica un sondaggio che conferma una volta di più la voglia dei veneti di mollare gli ormeggi, lasciando il resto del Paese al suo destino. Alla domanda: «Lei si direbbe favorevole o contrario all’indipendenza della sua Regione dall’Italia», il 53% degli intervistati ha risposto favorevolmente, il che fa del Veneto l’unica Regione «a maggioranza secessionista» d’Italia, più della Sardegna (45%) o della Sicilia (44%) dove pure le spinte centrifughe sono forti. 
Il dato, compreso quello che vuole l’indipendenza apprezzata dal 76% dei leghisti (e qui forse stupisce non sia il 100%) e dal 45% dei forzisti, per lo più operai, disoccupati e partite Iva, non sfugge al governatore Luca Zaia, che rilancia: «La consultazione popolare sull’indipendenza del Veneto, anche alla luce di quanto accaduto in Catalogna, è un punto fermo da cui non si torna indietro. Ciò che sta accadendo in Catalogna – prosegue– indica decisamente la via che il Veneto deve seguire. C’è molto da lavorare, ma la strada è esattamente questa. Purtroppo noi dobbiamo fare i conti con un governo che, secondo la più bieca logica centralista, ha impugnato le leggi approvate dal consiglio, un atteggiamento scandaloso perché l’obiettivo è quello di voler impedire alla gente di esprimere liberamente la propria opinione. Non sono i veneti a essere sovversivi: è lo Stato che calpesta il più elementare diritto di espressione». 
Zaia se la prende con Roma, ma gli indipendentisti se la prendono con lui (non tutti, la galassia venetista, si sa, è parecchio frastagliata). «Ha smesso di parlare del referendum - attacca Michele Favaro di Indipendenza Veneta - e la Regione non rispetta l’articolo 2 della legge 16, approvata oramai 4 mesi fa, che prevede che sia Palazzo Balbi a promuovere la raccolta fondi e la propaganda. L’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti non ha ancora formulato i capitoli di spesa...». L’accusa, insomma, è quella di non fare sul serio, di strumentalizzare la vicenda senza premere mai fino in fondo l’acceleratore, ma Luca Azzano Cantarutti di «Noi Veneto indipendente» racconta che in realtà qualcosa, a Palazzo, si sta muovendo: «In settimana verrà presentato il comitato referendario che sotto la supervisione di Ciambetti vedrà tra i suoi componenti noi, i rappresentanti delle Pasque veronesi, di Raixe venete e di Europa Veneto. Indipendenza Veneta? Erano stati invitati ma hanno preferito chiamarsi fuori. La Catalogna dimostra che la strada che stiamo perseguendo passo dopo passo, nel rispetto della legalità, è quella giusta. Non esistono totem intoccabili». Riprende dunque forza la battaglia indipendentista ma, allo stesso tempo, si riaccende anche il confronto interno, al grido «sono più venetista di te». Così, ad esempio, non c’è solo il dualismo tra Indipendenza Veneta (promotrice del referendum) e Noi Veneto indipendente (che l’ha sostituita ai tavoli con la Regione), ma anche quello tra i venetisti e i leghisti, tacciati di darsi poco da fare là dove potrebbero. «Ora tocca al Veneto - dice il deputato del Carroccio Roberto Caon - mentre in Italia si perde tempo con il toto Presidente della Repubblica, in Spagna hanno dato prova di grande democrazia». Rincara l’europarlamentare Mara Bizzotto: «Dal Veneto la stessa marea di sì travolgerà Roma». Replica Gianluca Busato di Plebiscito.eu: «La politica della Lega da 25 anni a questa parte ha portato solo ad affamare ancora più i veneti, mentre i conti correnti dei deputati leghisti si sono ingrossati, talvolta anche di diamanti e investimenti tanzanici. Preferiamo andare avanti senza di loro». Contro la Lega (e Zaia) punta il cannone anche il Pd, con argomentazioni diametralmente opposte rispetto ai venetisti: «Zaia cambi favola, a questa del referendum non chiede più nessuno» dice Alessandra Moretti. «Basta illudere i veneti, l’unica strada è l’autonomia differenziata per via costituzionale» aggiunge Giorgio Santini. E Simonetta Rubinato chiude il fuoco di fila: «I veneti sono stufi dei proclami di Zaia». 
Marco Bonet

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pubblicata il 11 novembre 2014

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