Lega a trazione Salvini-Zaia al debutto dopo i test regionali - Il Sole 24 Ore

07 novembre 2014

Pagina 26, Politica

Mariano Maugeri

A Roma si negozia, nel lombardo-veneto si fanno i giochi. Così si spiega l'ipercinetismo di Matteo Salvini e le sempre più lunghe immersioni in Lombardia di Matteo Renzi. Un corpo a corpo sull'asse Milano-Venezia e sulla conquista di quel che è sopravvissuto dei leggendari ceti produttivi padani. I due Matteo si incrociano a Milano ma hanno entrambi lo sguardo rivolto a est. Le regionali del Veneto, in programma la prossima primavera, decreteranno chi può intestarsi l'inquietudine della parte più dinamica del Paese. Un carotaggio, quello nella vandea veneta, decisivo in vista delle prossime Politiche. Salvini per la verità, guarda con un certo strabismo anche verso sud, sud-est, in direzione di Emilia-Romagna e Calabria, due regioni che voteranno il 23 di novembre e dove il Centro-destra potrebbe uscire con le ossa rotte.

Cominciamo dalle primarie del Pd, con la corsa a muso duro tra Alessandra Moretti e Simonetta Rubinato, tre volte deputata del Pd ed ex sindaco di Roncade, una che non ci sta a passare per veterana («sono entrata in politica nel 2004, quando Matteo era stato appena eletto presidente della Provincia di Firenze»). Da mesi si discute a vuoto di primarie di coalizione e primarie di partito, con la Moretti che rivendicava l'investitura divina del Nazareno.

La Rubinato non ha mollato, e Renzi, rappresentato in Veneto dal suo fedelissimo ex sindaco di Ponte delle Alpi, Roger De Menech, ora deputato, ha acconsentito a una competizione con regole suicide. Il famigerato articolo 18 comma tre dello statuto del Pd (l'altro articolo 18), richiede agli iscritti in corsa per le primarie di coalizione di raccogliere non meno di 4mila firme di tesserati in tutte le province. Si vota il 30 di novembre, e le cronache narrano di candidati sull'orlo di una crisi di nervi. Il Veneto non è la Toscana. E Roger De Menech, il garante della competizione, fu eletto segretario regionale con appena 750 voti.

Poi ci sono i programmi. La Rubinato ha rotto gli argini del renzismo dicendo nero su bianco che si batterà affinché al Veneto venga riconosciuto lo statuto speciale. Una blasfemia nel partito di Renzi, tutto concentrato su una revisione del titolo V della Costituzione in chiave neocentralista, ma quasi un atto dovuto nella Regione in cui il governatore leghista Luca Zaia viaggia su consensi personali che bordeggiano il 60%. La Moretti, sfidante favorita per volere del Nazareno, sul suo profilo facebook preferisce occuparsi degli argini del fiume che attraversa Vicenza, il capriccioso Bacchiglione. Con Laura Puppato, rivale di Renzi alle primarie per la segreteria nazionale e ora supporter della Rubinato, che invita la Moretti a «ragionare con la propria testa e presentare un progetto capace di far innamorare i veneti». Per far innamorare i veneti ci vorrebbero parole forti e impegni concreti che per ora latitano. Salvini, aspirante capopopolo delle due Italie, il 24 novembre, guarda caso con i risultati in mano delle consultazioni di Emilia e Calabria, presenterà qualcosa di molto simile alla Lega dei Popoli (ma il nome non è definitivo), un soggetto capace - operazione ai limiti del contorsionimso - di unire nord e sud nella lotta. No alle moschee no agli immigrati, no all'euro. Parole sicuramente forti, forse troppo perfino per uno dei triumviri della Lega, quel Flavio Tosi che cerca di frenare la marcia dell'accoppiata Salvini-Zaia stringendo un'alleanza (moderata) con il neonato partito di Corrado Passera. Un flirt rigettato da Luca e Matteo, gli ex apostoli di Umberto Bossi e di un Bobo Maroni sempre più defilato. «L'aggettivo che meno mi si addice è moderato» ha detto Matteo Salvini in un'intervista a Libero, liquidando in un colpo solo l'opposizione interna di Tosi e il riformismo neocentrista dei renziani.

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pubblicata il 07 novembre 2014

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