La guastafeste dem che sembra Hillary «Io dico Sepolfar» - Corriere del Veneto

26 novembre 2014

Pagina 3, Primopiano

RONCADE (Treviso) Scapicollata, in perenne ritardo e con un pugno di riso nello stomaco trangugiato alle due di pomeriggio, quindici giorni fa Simonetta Rubinato correva sulla Treviso-Mare, direzione Quarto D’Altino, a caccia di firme. Faceva le curve in due tempi (un occhio all’agenda e uno al telefonino), sfiorava il ciglio della strada e guidava con l’assillo che non ce l’avrebbe fatta: troppe 4000 firme, troppo poco il tempo a disposizione, complicato il bilancino da farmacista con cui doveva comporle e troppo grande e spesso il muro di gomma che l’apparato del Pd le aveva messo davanti. 
Guidava la sua Opel Meriva come fosse in missione per conto di Dio. Aveva appuntamento a Quarto D’Altino alle 6 di sera ed erano già le 8. Doveva mangiare (e non aveva niente in frigorifero), fare la spesa (e i negozi erano chiusi), inoltre c’era la lavatrice rotta da due settimane e nessuno che gliela aggiustava. Era giovedì 13 e la giornata sarebbe finita anche peggio: al ritorno avrebbe trovato la casa di Roncade saccheggiata dai ladri. Venerdì, sabato, domenica, ancora tre giorni di tempo: il lunedì sarebbe scaduto il termine utile per raccogliere le 4 mila firme necessarie per opporsi alla predestinata, l’unica e l’unta del signore, la formidabile ladylike Alessandra Moretti. 
Quel giovedì 13, Simonetta Rubinato non sapeva nemmeno il numero di firme che aveva in saccoccia, dubitava di metterle insieme, non lo sapeva lei, non la sua agit-prop e amica Silvia Conte, sindachessa di Quarto D’Altino con la quale, insieme, formano una formidabile coppia di erinni della democrazia di base, la Simonetta e la Silvia, due guastafeste ai piani alti del partito, le due amazzoni incaricatesi di scuotere la foresta dem. 
Ci sono riuscite. Ottomila mila e passa firme raccolte, duemila più della Moretti. Tra quattro giorni, domenica 30, lei, la Moretti e il sopraggiunto Antonino Pipitone si sfideranno nelle urne per decidere chi di loro affronterà Luca Zaia per la presidenza del Veneto del 2015. 
Le firme bastavano ma erano mal combinate (solo a Verona ne doveva fare 500 per regolamento e gliene mancavano 50), la direzione del Pd ha chiuso un occhio perché a fare i fiscali c’era da incendiare il partito; e così, con il sospetto malevolo che la Rubinato l’avesse fatto apposta, la direzione ha ammesso in deroga la guastafeste Rubinato e anche il Pipitone che di magagne contabili ne aveva persino di più. 
«Sepolfar» dice la Simonetta, ma intanto deve fare: ieri era a Schio, prima era a Padova dall’editore autogestito Zanardi, un giorno a San Donà, un altro a Belluno, nelle radio a fare le dirette, in piazza a raccogliere consensi. E’ partita con l’handicap, si trova il cavallino. Inseguiva, ora tallona. «La Moretti evita il confronto diretto perché teme la brutta figura». 
La direzione del partito ha più volte cambiato il tracciato di una gara che è politica prima di tutto. All’inizio avevano detto: se entro il primo di novembre non ci sono candidati deciderà il partito chi candidare (e intendevano la Moretti), arrivò l’1 e non c’era nessuno, poi è arrivato il 2 e a sorpresa ecco che la Rubinato ci mette la faccia; era l’unica, non ce ne erano altre: a norma di regolamento aveva già vinto per assenza di concorrenti, articolo 18, comma 7. Ecco allora che si allunga il percorso: il termine della gara si intende prorogato al 17 novembre, elezioni al 30. «Troppo poco tempo- protesta la Rubinato – gara strozzata. Ero contrariata allora dalla proroga del 2, non mi sono opposta al 17, lo sono ancora di più per la scadenza del 30, ma ci sto». 
Simonetta Rubinato corre con le scarpe slacciate, di fronte alla favoritissima Moretti e ad una macchina di partito che non l’aveva prevista, non la voleva e non la vuole. «Alcuni circoli del Pd hanno avuto il divieto di raccogliere firme per me». Questo fa di lei la favorita di tutti i perdenti, la campionessa delle cause perse, a suo favore agisce l’istinto del «sto con il più debole», cosa che ha già incassato, che anzi, di più, ha solleticato il nervo insurrezionale del partito, sempre presente nella platea democratica, quello che fa odiare le decisioni calate dall’alto e la consuetudine di farle ingoiare a forza. 
La Moretti è calata dall’alto, la Rubinato esprime tutto il mal di pancia dem. «Come vede, anche il Pd ha il suo articolo 18» a tutela delle decisioni dei vertici e delle prerogative del suoi dirigenti. Questa bella signora di 51 anni, single, senza figli, con un divorzio alle spalle di cui non vuole parlare, somiglia ad Hillary Clinton in modo impressionante, stesso sorriso, stesso taglio di capelli. Della Clinton ha la determinazione e il necessario ingombro di sofferenza nell’anima che la rende più vicina e affidabile la gente. 
E’ deputata, è stata due volte sindaco di Roncade «quando la Lega sembrava invincibile e noi la battemmo con gli argomenti, non con la fuffa. Così farò anche con Zaia se lo vorranno le primarie. E se non vinco sarà comunque una vittoria della democrazia». 


Emilio Randon

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pubblicata il 26 novembre 2014

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