Primarie, un mezzo flop il confronto di Padova - Corriere del Veneto

29 novembre 2014

Pagina 2, Primopiano

Padova Fa bene il Pd a preoccuparsi in vista delle primarie di domani. Se un partito che conta 20 mila iscritti e raccoglie 18 mila firme a sostegno dei tre candidati fatica infatti a riempire una sala con cento posti com’è accaduto ieri sera al Crowne Plaza di Padova, nell’atteso confronto «faccia a faccia» davanti i militanti tra Alessandra Moretti, Simonetta Rubinato e Antonino Pipitone, forse qualche problemino ce l’ha. E potrebbe non essere l’unico. In sala, tra molti giornalisti e moltissimi dirigenti di partito (circa l’80% del pubblico), circolava infatti con insistenza la voce secondo cui la Cgil, dopo lo scontro con Renzi sul Jobs Act e sull’onda dello sciopero generale del 12 dicembre, avrebbe dato ai propri iscritti l’ordine di disertare le urne. Così, giusto per dare una lezioncina al premier e ai suoi luogotenenti veneti. 
Certo non hanno contribuito alla buona riuscita dell’appuntamento i dibattiti anticipati sulle tivù locali, i videoforum e i confronti sui giornali ma soprattutto lo sgarbo inflitto al Pd dalla giunta di Padova che all’ultimo minuto ha vietato ai democrats l’uso della Fornace Carotta, inizialmente individuata (e a lungo pubblicizzata) come sede dell’evento. «Abbiamo solo applicato il regolamento adottato dall’amministrazione Zanonato - ha spiegato il vicesindaco Eleonora Mosco - che prevede l’esclusione da ogni forma di sostegno da parte del Comune delle associazioni e delle organizzazioni incorse in irregolarità varie, tra cui le affissioni abusive. Proprio la fattispecie per cui è stato sanzionato il Pd il 25 gennaio 2013. Non possiamo avere due pesi e due misure». Tutti al Crowne, dunque, col risultato che si è visto. 
Il confronto, dipanatosi tra gli argomenti già abbondantemente sviscerati in questi giorni, ha visto il suo momento più frizzante quando Moretti, Rubinato e Pipitone hanno assicurato che, se eletti, taglieranno lo stipendio dei consiglieri regionali (oggi si aggira attorno agli 8.500 euro netti al mese). «Sarebbe giusto equipararli allo stipendio del sindaco del Comune di Venezia» hanno detto tutti e tre (Orsoni, prima delle note vicende, guadagnava 85 mila euro lordi l’anno). Sospirone di sollievo del segretario Roger De Menech (il governo ha proposto proprio una sforbiciata di questo tipo nella riforma ora in discussione al Senato) mentre Pipitone, che è consigliere uscente, ha comunque tenuto a precisare che «tra i 2 e i 3 mila euro se ne vanno ogni mese, agosto escluso, per l’attività politica sul territorio. E comunque una riduzione è già stata approvata dall’aula». Tant’è, di fronte al pubblico affamato di Casta era difficile avventurarsi controcorrente. 
L’applausometro ha registrato la vittoria della Moretti (dall’autorità anti corruzione in Regione, e pazienza se esiste già, ai centri di accoglienza per stranieri), che insistente parecchio sulla filiera Ue-governo-Regione, ma in platea non sono mancati discrete (bisbigliate?) attestazioni di stima nei confronti della Rubinato, un po’ per convinzione («E’ preparata, si vede che ne sa di più») e un po’ per reazione («Non sopporto che il partito si sia schierato in modo tanto smaccato per uno dei candidati. E io voto l’altro, tiè!»). Coraggiosa, visto il contesto, la provocazione delle deputata trevigiana: «Non dobbiamo aver paura a parlare di autonomia e specialità da sinistra», quindi in tema di Grandi Opere si è appellata al presidente dell’Authority anti corruzione Cantone affinché blocchi l’iter dell’autostrada del Mare, «promossa da Adria Infrastrutture, una società che aveva Galan e Chisso tra i suoi soci». Molti, stavolta, gli attacchi diretti a Zaia (Pipitone: «Dice di essere contro la cementificazione, ma il via libera a Veneto City l’ha dato lui»), nessuno dei tre contendenti si è però sbilanciato sulla chiusura degli ospedali inutili, argomento tabù in ogni campagna elettorale. L’unica a spingersi più in là, Moretti: «Negli ultimi 15 anni non abbiamo mai governato, dunque non siamo mai stati messi alla prova di decisioni impopolari». Risposa sibillina e un po’ furba. Chi vivrà (se mai accadrà, dopo 15 anni) vedrà. 
Ma.Bo.

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pubblicata il 29 novembre 2014

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