E nel Pd č giŕ iniziata la resa dei conti Rubinato all'attacco: «Noi poco credibili» - Corriere del Veneto

02 giugno 2015

Pagina 5, Primopiano

VENEZIA Il processo del lunedì va in onda a reti unificate, sugli schermi degli arrabbiati del Partito Democratico. C’è la moviola per vedere e rivedere le azioni dubbie della partita, dalla scelta delle regole per le primarie agli scivoloni nella comunicazione sui social network. E ci sono le bombe di mercato, pronte ad esplodere sotto forma di un’analisi del voto commissionata ad un politologo e di una probabile mozione di sfiducia per la segreteria regionale. Conduce in studio Simonetta Rubinato, convitato di pietra Roger De Menech.  All’indomani del responso delle urne, il Pd del Veneto trascina alla sbarra se stesso. Le anime sono tante, sicché c’è un ruolo per tutti. Chi accusa e chi difende, chi dovrà emettere la sentenza e chi sta sul banco degli imputati. Ecco, solo su questo sembrano tutti abbastanza d’accordo: Alessandra Moretti non ha colpe o, se proprio dovesse averne, non si tratterebbe di dolo. Per il resto, invece, la gabbia è piuttosto affollata. La prima a puntare il dito è appunto Rubinato, colei che di fatto costrinse la dirigenza pd a selezionare lo sfidante di Luca Zaia attraverso le consultazioni di base, salvo poi vedersi doppiare da Moretti, ma tant’è. Prima di andare ad ossigenarsi in montagna, la deputata confida quello che prova in questo momento al proprio diario su Facebook: «Una grande delusione, da togliere il fiato, per un risultato drammaticamente al di sotto delle aspettative proclamate da dirigenti regionali e nazionali. Ha vinto una rassegnata conservazione dell’esistente perché come Pd non siamo riusciti a formulare e trasmettere una credibile proposta». Domani la trevigiana, affiancata da un esperto in flussi, presenterà gli esiti di un’indagine-lampo, chiamata a dare sostegno scientifico ad una riflessione politica: «Mai come questa volta c’erano le condizioni favorevoli, con un centrodestra ed una Lega frantumati. Nonostante questo abbiamo perso anche rispetto al 2010. Se a ciò aggiungiamo il dato dell’astensionismo, il bilancio è che non siamo mai stati tanto minoritari nell’elettorato veneto. Perciò per le prossime elezioni o cambiamo i veneti o cambiamo noi. E siccome è impossibile la prima, mi auguro che non faremo come i perdenti che trovano sempre delle scuse, ma come i vincenti che cercano un’altra strada». 

Il partito è in piena ebollizione. E a soffiare sul fuoco è anche il messaggino arrivato sabato a mezzo Pd, per invitare i colonnelli a galvanizzare le truppe, attraverso un presunto sondaggio che alla vigilia delle elezioni avrebbe dato Moretti addirittura in lieve vantaggio su Zaia, 36,2% contro 36%, motivo per cui sarebbe bastato un piccolo sforzo finale per disarcionare il leghista e mettere in sella la democratica. Ad inviare l’sms è stato Marco Stradiotto, il coordinatore metropolitano di Venezia, che fino all’ultimo ha provato ad incoraggiare i militanti a «spingere tutti verso la stessa direzione» perché «è il momento dell’oh-issa». Di fronte invece al crollo che si è verificato, ora l’ex senatore puntualizza: «Non abbiamo commissionato noi la rilevazione, quei numeri mi sono stati mandati dal comitato elettorale di Alessandra, con la spiegazione che sarebbero stati attendibili in caso di astensione molto alta. Invece poi l’affluenza ha cominciato a salire...». Non è che allora forse il messaggio è stato equivocato? «Credo che la nostra attenzione - risponde Stradiotto - debba andare allo tsunami che ci ha travolti: forte come quello di un anno fa, solo che questa volta è girato al contrario, premiando un candidato come Zaia che ha avuto il merito di riuscire a trasformare una consultazione regionale nell’elezione del sindaco del Veneto». 

Proprio l’autodefinizione che Moretti aveva sognato di fare sua, durante la campagna elettorale. «Infatti la responsabilità di questa disfatta non è certo di Alessandra - ragiona la senatrice Laura Puppato - e lo dice una che inizialmente non aveva certo sostenuto la sua candidatura alle primarie, ritenendo che il suo consenso alle Europee non fosse garanzia di competenza in ambito locale. Invece mi sono dovuta ricredere, dopo aver visto la nostra candidata lavorare pancia a terra. Per questo mi ha fatto male vedere le prese di distanza da parte di certi esponenti del partito, quelli che come dice Maria Elena Boschi, amano pigiare il pulsante dell’autodistruzione all’interno del Pd. Chi? Penso ad esempio a Flavio Zanonato e a quelli come lui che si divertono con un gioco crudele: creare un soggetto politico da osannare e ammazzarlo poco dopo, dimostrando così che lo si era inventato solo per escludere qualcun altro». 

L’europarlamentare padovano ha rivelato su Twitter di aver votato per Moretti, ma ha poi pubblicato su Facebook una lunga disamina della batosta, che chiama in causa il decisionismo di Matteo Renzi («spregiudicato e sprezzante») su svariati temi fra cui l’articolo 18 e la scuola, ma anche lo «stai sereno» rivolto ad Enrico Letta e gli attacchi sferrati alla Cgil. «Quando si mettono in fila tutte queste cose - scrive Zanonato - non occorre essere dei veggenti per capire che una parte dell’elettorato di sinistra se ne va per cercare una nuova forza politica dalla quale farsi rappresentare». Tesi condivisa da Piero Ruzzante, vicesegretario regionale del Pd. «Ma in questo frangente parlo da consigliere più votato in provincia di Padova - premette - e garantisco che Alessandra non è stata lasciata sola dalla dirigenza veneta. Semmai su di lei hanno pesato le vicende nazionali. Mi pare chiaro che la sinistra non può rimanere senza il suo popolo, invece nell’ultimo periodo abbiamo assistito a troppi strappi rispetto alla nostra storia. Mentre alle Europee aveva usato un linguaggio molto semplice attraverso la misura degli 80 euro, che parlava dritta ai lavoratori, Renzi in vista delle Regionali si è messo a toccare lo Statuto dei Lavoratori e la scuola pubblica, perdendo così pezzi di elettorato». Concorda il civatiano Michele Fiorillo, membro della direzione regionale del Pd e coordinatore del movimento Possibile: «L’elettorato progressista è in fuga di fronte a scelte nazionali percepite come inique ». 

Ecco, è complessivamente questa la valanga che incombe sul renzianissimo De Menech. «Le beghe interne al nostro partito continuano ad interessarmi poco - minimizza il leader veneto - e posso solo assicurare che faremo tutti i passaggi di verifica e confronto all’interno dei nostri organi. Detto questo dobbiamo prendere atto dello straordinario consenso personale di Zaia e delle novità costituite da Tosi e dal Movimento 5 Stelle. Da qui possiamo ripartire per far capire ai cittadini che il Pd può essere forza di governo credibile su scala regionale come lo è a livello nazionale. Ma abbiamo necessità di un tempo più lungo, rispetto ai sei mesi avuti da novembre ad oggi». Fino al lunedì di un processo che neanche Biscardi avrebbe saputo immaginare. A.Pe.

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pubblicata il 02 giugno 2015

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