Poche firme pro De Menech - Il Gazzettino

05 giugno 2015

Pagina 14, Nordest

PADOVA - Un "processo", a chi e perchè mai? Non si parla di dimissioni, non si parla di congresso straordinario («si vedrà al termine del percorso, comunque nessuno l’ha chiesto»), rinvio della direzione regionale, e invece tour del segretario Roger De Menech e di Alessandra Moretti tra sindaci, circoli, comuni del Pd veneto per «evitare di parlarci all’interno delle segreterie, dividerci colpe e poltrone, e tornare nei territori per analizzare la sconfitta, ripartire, ricostruire in prospettiva 2020». Il tutto «a prescindere da come andranno i ballottaggi» (Venezia e Rovigo su tutti) del 14 giugno. Quanto reggerà la linea della resistenza dopo il crollo alle Regionali (16,7%) decisa mercoledì sera e racchiusa nel documento approvato all’unanimità dalla segreteria Pd (assieme ai provinciali) e ribadita ieri da De Menech-Moretti in una conferenza stampa? È lecito chiederselo anche se la segreteria, a gestione unitaria, guarda oltre, guarda ai giovani, quasi a indicare che la contrapposizione interna non è tanto per territori o aree politiche ma per generazione. Moretti punta il dito contro la parte della dirigenza del Pd veneto «rimasta in panchina, che non ha giocato sicura di perdere», cioè non si è impegnata in campagna elettorale. Pensa ai prossimi cinque anni «di opposizione dura ma costruttiva con le liste civiche, Sel, Verdi, parte di Rifondazione. In Consiglio starò nel gruppo Pd. Sono pronta, ora nessuno conosce il Veneto meglio di me». De Menech spiega: «La sconfitta ha molte cause. Non credo ci siano stati errori macroscopici, ma tante piccole cose non hanno funzionato. Abbiamo pagato alcune riforme del governo, soprattutto lavoro e scuola, di cui si vedranno più avanti i benefici. Ma qui non ci sono state e non ci sono spaccature. Nessuno scappa, nessuno fa lo scaricabarile o regolamenti di conti. Quello che abbiamo costruito nell’ultimo anno va considerato una base di partenza». Aggiunge Moretti: «Renzi mi ha chiamata e ha confermato che la nostra campagna è stata molto bella. Ovviamente non è soddisfatto del risultato, ma felice di come mi sono messa disposizione del partito e di come siamo riusciti a condurre un gruppo». Fuori dal quartier generale, però, c’è chi dà appuntamento al 15 giugno, scuote la testa davanti all’auto-assoluzione del vertice, sottolinea la poca autocritica, marca il dissenso. Ad esempio ieri è fallita alla Camera per scarsità di adesioni l’iniziativa via sms di far firmare ai deputati veneti un breve testo di sostegno a De Menech. Poi, a ritenere insufficiente il documento della segreteria sono dirigenti, anche renziani, che un seguito ce l’hanno. «La risposta del gruppo dirigente è tipica di chi ha scelto di asserragliarsi nel fortino. Siccome hanno gestito unitariamente il fallimento, unitariamente adesso si sostengono - sottolinea la deputata trevigiana Simonetta Rubinato - Ma ci sono i ballottaggi e quindi lavoriamo tutti per vincere. Dopodichè quello che un partito normalmente democratico deve fare è indire un congresso. Sono bombardata di richieste di elettori che chiedono di capire. La dirigenza sta confermando l’impressione di un arroccamento nella conservazione dell’esistente». Lo sa anche De Menech che dopo le sfide comunali, se non lo fa lui, altri chiederanno il confronto negli organismi. Solo che vuole arrivare al redde rationem nelle condizioni migliori. Ad Andrea Martella, vicepresidente del gruppo dei deputati Pd, il primo a chiedere le dimissioni di De Menech come atto dovuto (il quale ieri sul punto non si è sbilanciato ricordando di essere «sempre a disposizione»), non basta la via d’uscita imboccata dalla segreteria: «Ho fatto una richiesta largamente condivisa. Vinciamo i ballottaggi e subito dopo deve aprirsi una discussione franca in cui vengono riconosciuti gli errori commessi e si possa rilanciare il Pd sia dal punto di vista organizzativo che di contenuti e programmi. Una discussione è urgentissima, a livello di direzione e assemblea regionale». Non fa sconti neanche Davide Zoggia, deputato bersaniano di Venezia: «Adesso non disperdiamo energie. Dopo le comunali serve ascoltare gli organismi dirigenti e avviare una riflessione compiuta in cui sentire anche gli iscritti, la base, nelle modalità più ampie di coinvolgimento, con assemblee aperte a tutto il popolo del centrosinistra che verrà a dirci cosa ha determinato il risultato peggiore di sempre. È un problema ben più ampio del gruppo dirigente. Quanto al congresso o alla direzione, farli o non farli non lo decide solo la segreteria». Mentre per l’eurodeputato Flavio Zanonato: «la disfatta non è colpa di De Menech, non serve a niente chiedere la testa di tizio e caio. Sono tante le cose che non vanno, una è il renzismo, cioè un tipo di politiche che allontanano da noi la gente che prima si riconosceva nel Pd. Fermiamoci e discutiamo».

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pubblicata il 05 giugno 2015

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