Il mio impegno sui lavori del decreto legge n. 83/2015 in materia fallimentare, civile e processuale civile

18 agosto 2015

L'Assemblea della Camera ha dato il via libera il 24 luglio scorso al disegno di legge n. 3201, di conversione del decreto-legge n. 83/2015, relativo a misure urgenti in materia di procedure concorsuali, procedure esecutive, misure fiscali, efficienza della giustizia e processo telematico, poi approvato dal Senato nel medesimo testo uscito dalla Camera.

Nel corso dell'esame in sede referente, la Commissione Giustizia ha apportato numerose modifiche al provvedimento. Pur non essendone componente ho partecipato anch'io ai lavori della Commissione, per illustrare gli emendamenti che ho presentato a favore di piccole imprese ed artigiani, redatti con la collaborazione dell'avv. Armida Dal Bo', esperta di questa materia (clicca qui).

Il mio impegno su questi temi è scaturito concretamente dalla recente conoscenza dell’imprenditrice Serenella Antoniazzi, autrice insieme ad Elisa Cozzarini del libro "Non voglio fallire" (clicca qui): titolare della ditta Aga di Concordia Sagittaria, Serenella nel 2012 ha dovuto affrontare un duro colpo dopo che il suo più grosso committente è fallito lasciandole un insoluto ingente. L’effetto domino che questo ha avuto sulla sua attività e la sua vita è stato devastante, al punto di arrivare anch'essa - come molti altri piccoli imprenditori - a pensare di togliersi la vita. Invece, coraggiosamente, grazie anche all'incontro con altri piccoli imprenditori, Serenella non si è arresa, ha cercato di ripartire, non solo salvando il posto di lavoro dei suoi dipendenti, ma anche con una nuova missione, quella di cercare di cambiare il sistema, attraverso il racconto della sua storia nel suo libro e promuovendo un giudizio penale insieme ad altre aziende, anch’esse “truffate”, contro lo stesso committente, che prima le ha sfruttate, non pagandole, e poi si è liberato dei suoi debiti nei loro confronti chiedendo il proprio fallimento e ripartendo come se nulla fosse con una nuova azienda.

Oltre a lei, ho conosciuto in questi mesi anche un altro imprenditore della provincia di Venezia, Franco Daniele, titolare dell'azienda di eccellenza Tecnostrutture Srl, vittima anch'egli di un'altra azienda che gli ha commissionato in subappalto la costruzione dei due padiglioni all'Expo degli Stati dell'Oman e del Qatar e che, mentre erano ancora in corso i lavori, ha presentato domanda di concordato con continuità aziendale. Risultato: l'azienda Tecnostrutture che ha regolarmente eseguito l'opera si trova con un credito insoluto di oltre un milione di euro, mentre il committente debitore, abusando della legge, si libererà agevolmente attraverso il concordato dei suoi debiti verso i fornitori, limitandosi a saldare le banche e i creditori da lui favoriti. Su questa vicenda ho presentato un'interrogazione al Governo (clicca qui).

Sulla base di queste esperienze ho potuto toccare con mano l'entità dei danni provocati al nostro tessuto produttivo locale, fatto soprattutto di piccole e medie imprese, dalla normativa in materia di fallimenti e concordati preventivi entrata in vigore con il D. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80). Gli addetti ai lavori avevano allora parlato di una vera e propria “rivoluzione copernicana”che poneva finalmente l’Italia al passo con l’Europa nella disciplina delle procedure concorsuali, in quanto aveva come ratio l’abbandono della prospettiva “personal-sanzionatoria”che aveva caratterizzato il precedente impianto fallimentare, in un’ottica di salvataggio dell’impresa, intesa come valore economico da tutelare.

Purtroppo gli effetti in questi anni sono stati diversi da quelli auspicati, come è emerso anche in una recente tavola rotonda sul tema "Fallimenti e concordati stanno uccidendo le imprese", tenutasi lo scorso 20 luglio all'Università Cattolica di Milano, a cui ho partecipato anchio (vedi le foto), insieme agli stessi Serenella Antoniazzi e Franco Daniele, ad altri imprenditori, giudici, professionisti e deputati (clicca qui). Il concordato preventivo in particolare, la cui ammissibilità prescinde da ogni condizione in termine di percentuale di pagamento assicurata ai creditori chirografari, ha avuto un effetto negativo sia in termini di moria di PMI fornitrici, che di perdita di posti di lavoro.

Nel corso del convegno è stato affermato dai magistrati e dal moderatore (il caporedattore del Sole 24 Ore) che il decreto legge n. 83/2015 rappresenta una prima inversione di tendenza della normativa in tema di procedure concorsuali (in attesa del lavoro della Commissione presieduta dal dott. Renato Rordorf, istituita presso il Mistero della Giustizia nel gennaio scorso, per la complessiva revisione della materia fallimentare e concorsuale richiestaci anche dalla Commissione europea) ed auspicato che le modifiche migliorative apportate dalla Commissione Giustizia della Camera restassero ferme nel passaggio in Aula, riguardo alle quali vi segnalo gli articoli de Il Sole 24 Ore (clicca qui) e del Corriere della Sera (clicca qui).

Da parte mia ho assicurato l'impegno del Gruppo del Pd a mantenere fermo in Aula il testo uscito dalla Commissione Giustizia, che ha introdotto finalmente alcuni (anche se ancora pochi) paletti a tutela dei creditori, in particolare delle PMI fornitrici, per evitare ulteriori abusi dello strumento del concordato da parte degli imprenditori disonesti. Durante la tavola rotonda ho annunciato anche che il Viceministro Morando, a fronte di una mia proposta emendativa, ha assunto l'impegno per il Governo a reperire nella prossima Legge di Stabilità la copertura necessaria affinché i creditori possano recuperare l'IVA al momento dell'apertura della procedura concorsuale e non alla sua chiusura dopo anni e anni di attesa.

Il Governo in effetti ha posto poi la questione di fiducia sul decreto legge, che è stato così preservato dalle forti pressioni arrivate in Parlamento da alcune lobby per eliminare i miglioramenti apportati al testo originario dalla Commissione.

In occasione del dibattito in Aula, è stato quindi accolto alla Camera il mio ordine del giorno in tema di nota di variazione IVA (clicca qui), che impegna il Governo a interpretare l'art. 26, secondo comma, del DPR n. 633/1972 nel senso di permettere ai creditori del debitore fallito o in concordato preventivo o altre procedure analoghe di emettere la nota di variazione Iva sin dal momento dell'apertura della procedura, mentre l'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate è oggi quella di consentirla solo alla chiusura delle procedure stesse. E' una questione di giustizia sostanziale: non è corretto che un soggetto che non ha avuto saldate le fatture emesse e tuttavia ha anticipato il versamento dell'Iva sulle stesse all'erario debba attendere anni ed anni per portare a credito un imposta che non ha mai incassato (mentre il suo debitore, che non l'ha mai versata e poi fallisce, l'ha portata già in detrazione verso lo Stato). E' ora di correggere questa distorsione, che premia i furbi e danneggia gli onesti. Ora bisognerà vigilare perché nella prossima legge di Stabilità l'impegno del Governo sia mantenuto e la questione finalmente chiarita in senso favorevole alle imprese oneste.


pubblicata il 05 agosto 2015

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