Il patto per tagliare i 6 mila emendamenti - Corriere della Sera

26 gennaio 2016

Pagina 17, Politica

ROMA E alla fine per le unioni civili arriva il «patto d’onore», quello che i partiti potrebbero stringere nella riunione dei capigruppo per decidere di ritirare gli emendamenti che gravano sulla legge Cirinnà, prima che arrivi nell’Aula del Senato, giovedì prossimo. Sono oltre sei mila quelli presentati, più di cinquemila soltanto dalla Lega Nord. E ieri è stato proprio il capogruppo leghista Gian Marco Centinaio a tendere la mano: «Sono pronto a tagliare i miei emendamenti se il capogruppo del Pd Luigi Zanda mi assicura che non strozzerà il dibattito in Aula e ne garantirà una durata congrua. I miei non sono emendamenti ostruzionistici, sono tutti nel merito, e quello che voglio è discutere la legge nel merito, appunto». 
Per tagliare via queste migliaia di emendamenti era già pronto un emendamento «premissivo», il cosiddetto «super canguro», firmato dal senatore del Pd Andrea Marcucci, contro il quale il leghista Centinaio voleva contrapporre sub emendamenti all’emendamento, così da neutralizzare la tagliola. 
Una contromossa che però con molta probabilità non avrebbe avuto l’ok della presidenza di Palazzo Madama, visto che per regolamento si possono sub emendare soltanto gli emendamenti presentati dal governo. Da qui gli spiragli per il «patto d’onore» sigillato da una telefonata fra il capogruppo in Senato del Pd Luigi Zanda e Gianmarco Centinaio. Zanda avrebbe garantito al capogruppo leghista di essere pronto a mettere in atto tutti i tentativi possibili per evitare strozzature nel dibattito. Una telefonata dello stesso tono Zanda l’avrebbe avuta anche con il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani. Pure il capogruppo di Ncd-Ap Renato Schifani ha fatto sentire la sua voce auspicando che «le varie forze politiche si impegnino nel ritirare le migliaia di emendamenti presentati». 
Oggi in Senato si riunisce il gruppo dei democratici, all’ordine del giorno della riunione un voto per una conta sulla legge delle unioni civili. 
Ieri, nell’incontro della cosiddetta bicameralina del Pd ci sarebbe stata una convergenza di tutte le anime su alcune modifiche che mirano a eliminare dal testo i riferimenti al matrimonio. Nulla di fatto invece sulla stepchild adoption, le distanze dentro ai dem sul nodo restano. 
Grandi manovre, intanto, per il Family Day del 30 gennaio. Alessandro Pagano, presidente dei Parlamentari per la famiglia, è sicuro che i 140 attuali iscritti lieviteranno a oltre 300. «Tra chi ci sostiene — spiega — ci sono anche esponenti del Pd e dei 5 Stelle». Stesso partito, Area popolare, posizione opposta, per Fabrizio Cicchitto: «Io non vado, ma vedrà che molti altri alla fine resteranno a casa, colti da improvviso impegno». Cicchitto è in minoranza nel partito: «Sono un laico non laicista, ma non sono né “ateo devoto” né cattolico integralista. E temo che si enfatizzi la vicenda dell’utero in affitto per non far più nulla e far saltare la legge». 
I politici di centrodestra sono attesi a frotte, da Maroni a Sacconi, da Meloni a Gasparri. E nel Pd? Si espone solo Beppe Fioroni: «Ci andai nel 2007, da ministro, figuriamoci se non vado ora. Mi spaventa questo Parlamento, ancora un po’ farà le ricette mediche. L’etica non si acquisisce con una tessera di partito». Altri dem cattolici sono in difficoltà, ma rinunciano a partecipare: «Ognuno ha il suo ruolo — spiega Simonetta Rubinato — Ho posizioni vicine a quelle del Family Day, ma il nostro lavoro è trovare soluzioni in Parlamento». 
Alessandra Arachi
Alessandro Trocino
 

pubblicata il 26 gennaio 2016

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