Un primo focus sulla riforma costituzionale all'Assemblea PD di Treviso

05 febbraio 2016

Il 1° febbraio scorso ho partecipato all’Assemblea provinciale del Pd di Treviso per illustrare la riforma costituzionale con la collega parlamentare Puppato, una riforma sulla quale, stando ai sondaggi, pesa ancora una scarsissima conoscenza da parte della cittadinanza (si veda a tal proposito l'articolo di Oggi Treviso).

Da convinta sostenitrice dell'autonomia responsabile e del federalismo non posso negare che la riforma costituzionale che si sta per approvare, per la parte relativa al Titolo V, rappresenta - come affermato da molti costituzionalisti - una controriforma in senso centralista rispetto a quella approvata dal centrosinistra nel 2001. Vengono meno infatti le materie di competenza concorrente, la gran parte delle quali torna alla competenza esclusiva dello Stato, senza distinguere tra regioni virtuose o meno. Viene introdotta una clausola di supremazia dello Stato che può richiamare a sé anche materie di esclusiva competenza regionale, ancora una volta senza distinguere tra le varie regioni. E viene di molto ridotta la loro autonomia finanziaria e tributaria, riportando la materia del coordinamento della finanza pubblica alla competenza esclusiva dello Stato, accrescendo la finanza derivata e affievolendo così l'efficacia del principio di responsabilità degli amministratori locali. Questo neocentralismo è purtroppo anche la conseguenza di tanti casi di malgoverno e scandali verificatisi in alcune Regioni, che hanno creato una forte avversione nella stessa opinione pubblica verso il regionalismo.

Ma ci sono anche rilevanti aspetti positivi, a cominciare dalla fine del bicameralismo perfetto con la importante trasformazione del Senato nella sede rappresentativa delle autonomie e dei territori. Se questo strumento innovativo sarà ben utilizzato i bisogni e le istanze anche di territori sin qui penalizzati come il Veneto saranno maggiormente tutelati. Inoltre questo nuovo Senato delle autonomie eleggerà due dei cinque giudici della Corte costituzionale di nomina parlamentare, anche questa cosa non di poco conto. Un altro elemento positivo è che regioni come il Veneto avranno ancora a disposizione uno strumento per rimediare almeno in parte al riaccentramento nello Stato di competenze (legislative e burocratiche) e di risorse. Infatti in Parlamento siamo riusciti a preservare lo strumento dell’autonomia differenziata introdotto dall’articolo 116 terzo comma della Costituzione nella riforma del 2001 per ridurre le disparità esistenti tra le regioni ordinarie e quelle speciali. Il disegno di legge inizialmente approvato dal Consiglio dei ministri ne prevedeva invece la soppressione. È fondamentale aver mantenuto, soprattutto per una regione come il Veneto (compresa tra due regioni a Statuto Speciale, cui la riforma non si applicherà senza un accordo ad hoc con lo Stato), la possibilità di avviare con il Governo un negoziato per contrattare il trasferimento alle regioni virtuose di alcune competenze fondamentali, con le correlative risorse, dall'istruzione alla tutela dei beni ambientali e culturali, dalle politiche sociali al governo del territorio per fare alcuni esempi.

Rimango comunque convinta che nei prossimi anni, dopo aver verificato le ricadute concrete di questa riforma, il Parlamento sarà chiamato a cercare un nuovo punto di equilibrio tra le funzioni dello Stato e quelle delle Regioni.

Del resto la centralizzazione non garantisce da sola maggiore efficienza nella gestione delle funzioni pubbliche: basti pensare che la sanità italiana, materia oggi gestita dalle regioni, è nelle classifiche internazionali al secondo posto per qualità (ed all’undicesimo per spesa), al contrario del bilancio fallimentare della giustizia, funzione da sempre di esclusiva competenza statale.

Sulla riforma costituzionale, secondo il piano di marcia del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, gli italiani saranno chiamati ad esprimersi probabilmente ad ottobre con un referendum.

Personalmente concordo con la proposta di Ainis apparsa qualche settimana fa sul Corriere della Sera che suggeriva di prevedere per il referendum più quesiti per consentire all’ elettore di esprimersi in modo chiaro visto i tanti temi oggetto della riforma (vedi l'articolo a questo link: http://www.corriere.it/cultura/16_febbraio_08/piu-quesiti-referendari-rispettare-l-elettore-ad8b63b2-cddd-11e5-9bb8-c57cba20e8ac.shtml). Concentrare in un solo quesito una riforma che conta ben 40 articoli riscritti rischia infatti di limitare la libertà dei cittadini nel pronunciarsi in modo consapevole. Una cosa è la controriforma del Titolo V, altra la fine del bicameralismo perfetto con la trasformazione del Senato nella sede rappresentativa delle autonomie e dei territori. Credo che la proposta di formulare diversi quesiti, intervenendo sulla disciplina regolata dalla legge n. 352 del 1970, sarebbe più rispettosa della libertà degli elettori.

A questoi link trovate:

- le slides sulla riforma del Titolo V presentate all’assemblea

- l’infografica sul nuovo procedimento legislativo

A questi link, infine, trovate la sintesi del contenuto della riforma, le relative infografiche e i dossier del Servizio Studi della Camera: http://www.camera.it/leg17/465?tema=riforme_costituzionali_ed_elettorali.


pubblicata il 05 febbraio 2016

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