Amministratori locali costretti a dimettersi perché liberi professionisti

10 giugno 2016

L’8 giugno scorso ho depositato alla Camera, su sollecitazione della Presidente dell'Associazione dei Comuni della Marca Trevigiana, Mariarosa Barazza (clicca qui per leggere la sua lettera), un’interrogazione in Commissione, sottoscritta anche dai colleghi Casellato, Rotta, Crivellari e Casati (che puoi leggere cliccando qui), in cui chiedo al Ministro dell’Interno quali iniziative intende adottare, anche a livello normativo, per consentire anche ai liberi professionisti di impegnarsi, se eletti, a servizio delle proprie comunità esercitando i diritti costituzionalmente garantiti, in particolare dagli articoli 3, 41 e 48 della Costituzione. L’interpretazione meramente letterale - e non in linea peraltro con i predetti principi costituzionali - di una norma del decreto legge n. 78 del 2010 fornita dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti centrale mette infatti gli amministratori locali che sono liberi professionisti nella condizione di dover scegliere tra l’incarico pubblico ricevuto dai cittadini o il diritto di vedersi corrisposto il compenso relativo alle prestazioni rese ad altre pubbliche amministrazioni. Con la conseguenza, anche nella Marca, che essi, non potendo come i dipendenti pubblici andare in aspettativa, propendano per la seconda opzione dimettendosi.

Una situazione a cui è necessario evidentemente porre rimedio, come aveva rilevato la Corte dei Conti del Veneto nel provvedimento di rimessione alla sezione centrale Autonomie: se si aderisse all’interpretazione meramente letterale - si legge - “difficilmente la norma potrebbe superare lo scrutinio di legittimità costituzionale e l’ingiustificata lesione di diritti costituzionali potrebbe rinvenirsi anche nella limitazione del diritto di accedere ad una carica pubblica elettiva atteso che, se il cittadino per accedere a tale carica deve abdicare al proprio diritto a ricevere il compenso per la propria attività professionale, potrebbe essere indotto a rinunciare a ricoprire la carica elettiva”. Ciò che si sta puntualmente concretizzando: si sono già registrate nella nostra Provincia dimissioni di amministratori comunali e altri sono in procinto di farlo.

Il Ministero dell’Interno già in una nota del novembre scorso aveva precisato che “il divieto di cumulo degli emolumenti, preso atto che la finalità perseguita dal legislatore è la riduzione del costo degli apparati politici, deve ritenersi limitato ai costi e alle spese necessarie per l’esercizio degli incarichi conferiti dall’amministrazione in relazione alla carica elettiva e quindi all’esercizio del munus pubblico…" esprimendo quindi l’avviso che, fatti salvi eventuali profili di incompatibilità espressamente previsti, sono esclusi dalla portata applicativa della disposizione in esame quegli incarichi, eventualmente conferiti all’amministratore nell’ambito della sua attività libero professionale, da enti diversi da quello di appartenenza”.

Ma evidentemente la nota non è bastata a superare l'interpretazione formalistica della Corte dei Conti centrale per cui serve intervenire sul piano legislativo. Spero già nel prossimo decreto legge in materia di enti locali annunciato per i prossimi giorni in arrivo al Consiglio dei Ministri.

Ecco anche la rassegna stampa uscita sul tema:

ASSESSORE E ARCHITETTO? NON SI PUÒ LA RUBINATO INTERPELLA IL MINISTRO - IL GAZZETTINO

INTERROGAZIONE. PROFESSIONISTI AMMINISTRATORI E' UN AUT AUT -  ITALIA OGGI

 


pubblicata il 10 giugno 2016

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