Rubinato: «Partecipare alle direzioni non basta, occorre cercare il consenso fuori» - OggiTreviso

10 luglio 2016

SILEA- Simonetta Rubinato, a Silea per uno dei primi dibattiti sul referendum sull'autonomia del Veneto, di imminente convocazione, commenta a margine le fibrillazioni che attraversano il partito provinciale a seguito del modesto risultato delle amministrative che ha visto i democratici attestarsi nei comuni maggiori in media attorno al 16%, comprendendo anche l'apporto delle civiche. Un esito che, a giudicare dalle più recenti esternazioni di diversi esponenti, sembrerebbe aver risvegliato il desiderio di rivalsa della minoranza dem nei confronti della segreteria Andreetta che gode, sin dalla vittoria al congresso, proprio dell'appoggio del duo (invero un po' anomalo guardando alla piuttosto marcata eterogeneità culturale, ma vincente negli equilibri interni) Puppato-Rubinato.  

Esiste al momento un comitato referendario che si sta radicando sul territorio sulla falsariga di quello per le riforme, con la partecipazione di politici e non? Quali sono gli attori principali per questa sfida?

«Noi stiamo aspettando che il referendum venga indetto. C'è la legge regionale, c'è la Corte Costituzionale che lo ha ammesso un anno fa, e c'è Zaia che dice di volerlo fare ma al momento manca ancora il provvedimento che lo istituisca. La mia speranza è che quanto prima Zaia sciolga definitivamente le riserve, poiché oggi non ci sono più elementi ostativi. Non appena avremo una data su cui ragionare, partiremo con i comitati»

Da parte del Partito Democratico si percepisce una certa freddezza relativamente a questa battaglia referendaria. La sinistra del partito risulta molto cauta e poco incline a spendersi sul tema autonomia differenziata, in questo forse generando uno scollamento con una base che secondo i sondaggi darebbe i veneti largamente favorevoli.

«è davvero paradossale perché in tutta europa sono i movimenti di sinistra ad essere caratterizzati da spinte indipendentiste o autonomiste. L'autonomia differenziata è presente in costituzione perché ce l'ha messa il centro-sinistra nel 2001. Nella regione più autonomista del Paese il Partito Democratico non può scegliere di fare una partita diversa. Tra l'altro, io continuo a dirlo, il partito è democratico perché si propone di dare voce al popolo. Uno strumento di democrazia diretta come questo referendum consultivo è una grande opportunità data dalla Costituzione e dal parere favorevole della Consulta. Gli strumenti ci sono: adesso il tema è il peso politico da dare alla consultazione. Dopo aver regalato a Zaia la vittoria alle regionali con quelle proporzioni, adesso gli lasciamo pure campo libero sull'autonomia? Lasciamo che un'eventuale vittoria se la intesti lui?».

Dopo la sconfitta alle amministrative di giugno il Partito Democratico appare attraversato da crescenti tensioni anche a livello locale. Come interpretare questa fase?

«Ci sono delle difficoltà reali. è chiaro che quando si perde un'analisi va fatta. Il problema non è perdere a Villorba o a Montebelluna dove già non governavamo ma perdere casomai realtà come Eraclea. Nel nostro territorio, purtroppo, la sfida era difficile, i comuni erano di centrodestra e la sconfitta c'è stata ma era in qualche modo annunciata. Non c'è dubbio che la segreteria provinciale necessiti di rinforzi, giacché i tempi si sono fatti bui: non siamo più nel 2014, al tempo del 40.1% delle europee. Se alcuni intendono offrire un contributo per incoraggiare una spinta a fare di più per il partito, valorizzando la presenza sul territorio va bene; non va bene se tutto è funzionale ai soliti giochi di potere».

Una settimana fa la direzione dei Giovani Democratici ha dato mandato a Stefano Pelloni di portare nella assise provinciale PD un documento molto critico nei confronti della attuale maggioranza, secondo alcuni un grimaldello della minoranza per ribaltare l'esito dell'ultimo congresso.

«Anzitutto stiamo parlando di alcuni giovani, perché non tutti iGiovani Democratici hanno sottoscritto quella lettera. Non mi risulta neanche che sia stata sottoposta a tutti i giovani del partito. Personalmente di firmatari io ne ho visti pochi. Qui il problema è sempre lo stesso: oltre ai giochi e ai posizionamenti interni, ci vogliamo occupare di raccogliere il consenso fuori?».

Per ora i numeri in direzione dovrebbero essere sufficienti a scongiurare ipotesi commissariali, pur ventilate in questi giorni?

«Guardi, neppure ho verificato, perché io faccio appello al senso di responsabilità: c'è qualcuno che ha tempo e voglia di mettersi a disposizione? C'è spazio per tutti, ma no ai soliti vecchi giochi di posizionamento utili a tornare a governare il partito approfittando delle sue ridotte dimensioni. Dopodiché, lo ripeto, bisogna misurarsi col consenso: non basta partecipare alle direzioni del partito. bisogna essere gente che cerca il consenso fuori. Questo conta. Oggi io provo a dire anche attraverso gli incontri sul referendum sull'autonomia, che è necessario allargare la base del partito, una base sempre più ristretta».

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pubblicata il 10 luglio 2016

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