Decreto Enti Territoriali: molte misure utili, anche se alcune questioni restano aperte

05 agosto 2016

Via libera in prima lettura il 21 luglio scorso da parte dell'aula della Camera alla conversione del decreto-legge n. 113 il c.d. Decreto Enti Locali, definitivamente convertito al Senato il 2 agosto scorso. Il decreto è stato approvato, dopo che il Governo ha incassato la fiducia, con 271 sì, 109 no e 2 astenuti. Il provvedimento ha tra le sue misure più importanti, contenute nel testo originale, lo stop alle sanzioni per le Province e le Città metropolitane e la proroga fino a fine anno dell'affidamento a Equitalia della riscossione nei Comuni. Dall'alleggerimento delle sanzioni anche per i Comuni che hanno sforato il patto di stabilità nel 2015, alle risorse per le vittime del disastro ferroviario in Puglia e per alleviare sui Comuni il peso delle penali altissime previste per l'estinzione anticipata dei mutui con Cassa Depositi e Prestiti. E poi riammissione alla rateizzazione per il pagamento delle cartelle Equitalia per chi è già decaduto; sospensione dell'aumento sull'addizionale comunale per le tasse di imbarco aereo; nuove assunzioni nei Vigili del fuoco; 'salvezza' per gli stabilimenti balneari, dopo che l'Europa ha bocciato la proroga automatica fino al 2020. Queste le principali modifiche apportate dalla Camera. L'iter del decreto in Commissione Bilancio è stato molto movimentato, soprattutto nelle battute finali. Nella notte tra lunedì 18 e martedì 19, dapprima, il governo ha presentato all'ultimo, verso le 2 del mattino, quattro nuovi emendamenti, che la Commissione, su richiesta delle opposizioni, ha deciso di non esaminare e che sono quindi stati ritirati. Per tre di questi (riduzione del peso delle tasse di imbarco sui viaggiatori, assunzioni dei Vigili del fuoco e una norma sulle ferrovie campane) è stata quindi la Commissione Affari costituzionali a intervenire, chiedendone l'approvazione come condizione per il suo parere favorevole al decreto. Alla fine la Commissione Bilancio ha deciso di votare solo due di questi emendamenti, ovvero quello 'salva voli low cost' (come Ryanair) e quello sui Vigili del fuoco. La telenovela non è però finita lì: la Ragioneria dello Stato, con una nota inviata per mail, ha mutato parere su quattro emendamenti di iniziativa parlamentare che erano già stati votati dalla Commissione (e su cui il Mef aveva inizialmente dato il suo ok) e ha chiesto la modifica di altri. L'esame del decreto quindi si è allungato, con la commissione Bilancio che ha inviato il testo in aula per la discussione generale martedì 19 sera e poi ne ha chiesto il rinvio in commissione mercoledì 20 mattina per stralciare le quattro modifiche su cui c'era la contrarietà della Ragioneria. Al termine della seduta il presidente Francesco Boccia (Pd) ha annunciato una lettera al ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per lamentare il comportamento del suo dicastero e della Ragioneria.

Molte le misure contenute nel decreto che riguardano gli enti locali, le regioni e la vita quotidiana dei cittadini, prevedendo assunzioni straordinarie, ad esempio insegnanti per gli asili nido e vigili del fuoco, detassazioni, indennizzi, finanziamenti e semplificazioni burocratiche. Per approfondirne i contenuti puoi leggere il dossier predisposto dal Gruppo Pd della Camera167- il Decreto Enti Territoriali. 

IL MIO LAVORO NEL DECRETO ENTI LOCALI

Durante l’esame in Commissione Bilancio del decreto-legge Enti Territoriali sono stati diversi i temi su cui ho cercato di intervenire, con proposte emendative alcune delle quali suggerite da amministratori dei nostri comuni, dall’Associazione dei Comuni della Marca Trevigiana, da Anci Veneto e dalle Camere di Commercio del Veneto, che quotidianamente vivono le necessità di un territorio come il nostro, che spesso anticipa temi e soluzioni utili a tutto il Paese. A questo link trovi gli emendamenti a mia prima firma e quelli che ho comunque sottoscritto (link agli emendamenti). Alcuni sono stati accolti, riformulati o assorbiti in altri approvati di analogo contenuto. Altri, invece, che pure il Governo ed il Relatore hanno riconosciuto porre questioni che necessitano di una soluzione, non hanno avuto parere favorevole in questa fase, ma sono stati accolti sotto forma di ordine del giorno in Aula. Mi soffermo solo sui temi più significativi.

- Premialità per le Camere di commercio accorpate: il Governo ha accolto il mio ordine del giorno, sulla proposta delle CCIAA  di Venezia-Rovigo e Treviso-Belluno

Durante la discussione in Aula il Governo ha accolto un ordine del giorno a mia prima firma, sottoscritto anche dai colleghi Moretto, Crivellari, Mognato, Zoggia, De Menech, Martella, Murer, Rotta, Crimì, Zardini, Casellato, Miotto, Venittelli, Causin, Rostellato, con lo scopo di far sì che i risparmi ottenuti grazie all’accorpamento delle Camere di Commercio non finiscano a Roma, ma rimangano nel territorio per finanziare programmi di investimento e sostegno alle imprese.

La proposta avrebbe benefici immediati per il Veneto, visto che le Camere di Commercio “Delta Lagunare” di Venezia-Rovigo e di Treviso-Belluno hanno concluso, tra le prime in Italia, il processo di accorpamento volontario. Non è un caso che la proposta dell’ordine del giorno sia stata suggerita proprio dai vertici di queste due Camere. Il Governo, accogliendola nella persona del sottosegretario Baretta, si è impegnato a valutare di introdurre a favore delle Camere accorpate misure normative di premialità analoghe a quelle previste per le fusioni di amministrazioni comunali, per consentire loro di utilizzare direttamente i risparmi derivanti dall'applicazione delle norme di contenimento della spesa, previste dalla legislazione vigente…, per il finanziamento di programmi di sostegno delle imprese delle rispettive circoscrizioni territoriali”. 

Si tratta di un impegno importante perché consentirebbe di trattenere nel territorio i soldi risparmiati grazie all’accorpamento, senza dover ulteriormente tagliare i servizi alle imprese che già sono stati fortemente ridotti per effetto del decreto legge n. 90/2014 che ha operato una forte riduzione delle entrate delle Camere di commercio con un taglio del diritto annuale rispetto al 2014 del 35% per il 2015, del 40% nel 2016 e del 50% per il 2017. Per il Veneto significa poter disporre due milioni di euro all’anno in più da investire a favore dello sviluppo del territorio di Treviso, Belluno, Venezia e Rovigo. E, se esteso anche alle altre Camere di commercio venete, consentirebbe di portare a 5 milioni di euro annui le risorse che rimarrebbero nel territorio e che potrebbero essere utilizzate, assieme alle altre risorse delle CCCIAA, per aiutare le nostre imprese in un momento così particolare della vita economica, dove si intravede l’uscita dal tunnel della crisi ma con una strada da percorrere ancora piena di difficoltà.

A questo link puoi leggere il testo integrale dell’ordine del giorno: 9/03926-AR/008 : CAMERA - ITER ATTO 

E a questo la relativa rassegna stampa: Rubinato: «Premio a chi farà come Belluno» - Il Gazzettino«I risparmi restino nella Marca» - La tribuna di Treviso

 - Problematiche carenza personale nei Comuni più virtuosi

L’Associazione dei Comuni della Marca Trevigiana sin dall’incontro con il Sottosegretario Angelo Rughetti tenutosi a Treviso il 9 maggio scorso aveva evidenziato le problematiche che, a causa di un parere della Sezione Autonomie della Corte dei Conti del settembre 2015 e della normativa vigente, proprio i Comuni più virtuosi (quelli con una bassa spesa corrente e un basso rapporto dipendenti/popolazione) si trovano ad affrontare, non potendo paradossalmente sopperire a quella che è per loro una vera e propria emergenza del personale per garantire i servizi ai cittadini. Esemplare da questo punto di vista la situazione in provincia di Treviso, dove la quasi totalità dei Comuni presenta una media di 3 dipendenti ogni mille abitanti, contro una media nazionale di più del doppio, 6,89 dipendenti ogni mille abitanti.

Su una parte della problematica (quella creata dalla Corte dei Conti con la su citata delibera n. 27 del 14 settembre 2015, sull’interpretazione dell’art. 1 lettera a) del comma 557 della L. n. 296/2006, forse neppure rispettosa dell’autonomia degli enti locali stabilita dalla Costituzione), sulla quale avevo presentato il 13 maggio scorso anche una interrogazione ( testo dell’interrogazione: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=5/08682&ramo=CAMERA&leg=17), il Governo è intervenuto introducendo sin dal testo approvato dal Consiglio dei Ministri del decreto legge Enti Locali, una norma, all’art. 16, che risolveva la questione abrogando la norma, ovvero la lettera a) del comma 557 dell’articolo 1 della L. n. 296/2006 (ovvero il requisito, già conditio sine qua non per assumere, della riduzione ogni anno dell’incidenza percentuale delle spesa di personale rispetto al complesso delle spese correnti).

Grande soddisfazione è stata espressa dagli enti locali per questa soluzione, permanendo tuttavia l’altra parte del problema, ovvero il vincolo ex art. 1, comma 228, della L. n. 209/2015, secondo il quale le nuove assunzioni sono limitate ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente. E’ evidente che nei comuni medio-piccoli, tanto più se aventi un personale molto ridotto anche rispetto alla media nazionale dipendenti/abitanti, questa norma rende praticamente impossibile assumere anche una sola persona, a meno che non cessino dal lavoro in un solo anno almeno 4 unità! Su questo ho presentato una serie di emendamenti estremamente rigorosi, per consentire la facoltà assunzionale solo agli enti in carenza effettiva di organico, graduandola sulla base delle fasce demografiche e del parametro dipendenti/abitanti stabilito per gli enti in stato di dissesto.   

All’esito del lavoro in Commissione, è stata in effetti approvata una modifica migliorativa, che innalza il tetto per le assunzioni al 75% del limite di spesa relativo al personale cessato nell’anno precedente, limitandone tuttavia l’applicazione ai soli Comuni sotto i 10 000 abitanti, che certo sono il maggior numero di quelli interessati dal problema, ma lascia in grave difficoltà i comuni di fascia media (sopra i 10.000), che in queste condizioni – tanto più se hanno un rapporto dipendenti/abitanti molto basso - hanno non poche difficoltà nel continuare a garantire servizi efficienti ai cittadini. Spero vi sia la volontà da parte del Governo di dare una risposta anche a questi comuni almeno nella prossima Legge di Bilancio.

 - Emendamento su problematica relativa agli amministratori locali costretti alle dimissioni perché liberi professionisti

Sempre dall'Associazione dei Comuni della Marca Trevigiana mi è stato rappresentato il problema (oltre che lo sconcerto) che un'altra recente interpretazione della Sezione Autonomie della Corte dei Conti del 31 marzo scorso sta creando tra molti amministratori locali in quanto libero-professionisti, interpretazione che appare contraria non solo al buon senso ma soprattutto ai fondamentali principi sanciti dagli artt. 3, 41 e 48 della nostra Carta costituzionale, in quanto determina per i liberi professionisti (geometri, avvocati, architetti, ingegneri ecc.) che rivestono cariche pubbliche (anche di semplice Consigliere comunale) l’impossibilità di fatto di svolgere attivitàlibero-professionale per altri enti pubblici, se non gratuitamente (a questo link la nota dell'Ass. dei Comuni della Marca Trevigiana).

Si tratta dell’interpretazione dell'articolo 5, comma 5, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, il quale prevede che “ferme le incompatibilitàpreviste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta”.

Con la deliberazione n. 11 del 31.3.2016 la Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti ha statuito, confermando l’interpretazione meramente letterale consolidatasi presso alcune sezioni regionali di controllo, che “la disciplina vincolistica contenuta nell’art. 5, comma 5, D.L. n. 78/2010 si riferisce a tutte le ipotesi di incarico, comunque denominato”, anche da altra pubblica amministrazione.

Il problema era stato sollevato dalla Sezione di controllo del Veneto, con deliberazione n. 569/2015, che ha posto alla Sezione Autonomie la seguente questione: se, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata, la dicitura “svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni” debba ricomprendere, e in che modo, anche gli incarichi legali, di difesa in giudizio e consulenza, e gli incarichi di progettazione. La stessa Corte veneta nel provvedimento di rimessione rilevava peraltro che, se si aderisse all’interpretazione meramente letterale, “difficilmente la norma potrebbe superare lo scrutinio di legittimitàcostituzionale e l’ingiustificata lesione di diritti costituzionali potrebbe rinvenirsi anche nella limitazione del diritto di accedere ad una carica pubblica elettiva atteso che, se il cittadino per accedere a tale carica deve abdicare al proprio diritto a ricevere il compenso per la propria attivitàprofessionale, potrebbe essere indotto a rinunciare a ricoprire la carica elettiva”.

Il rischio paventato dalla Sezione di controllo veneta della Corte dei Conti si sta puntualmente concretizzando dopo la decisione del marzo scorso della Sezione Autonomie: si sono già registrate anche nella nostra Provincia dimissioni di amministratori comunali e altri sono in procinto di farlo.

L’interpretazione corretta della norma non può che essere quella suggerita dalla Corte veneta e, tra l’altro, fatta propria dal Ministero dell’Interno nella nota prot. 10313 del 5.11.2015, secondo cui “il divieto di cumulo degli emolumenti, preso atto che la finalitàperseguita dal legislatore è la riduzione del costo degli apparati politici, deve ritenersi limitato ai costi e alle spese necessarie per l’esercizio degli incarichi conferiti dall’amministrazione in relazione alla carica elettiva e quindi all’esercizio del munus pubblico… esprimendo quindi l’avviso che, fatti salvi eventuali profili di incompatibilitàespressamente previsti, sono esclusi dalla portata applicativa della disposizione in esame quegli incarichi, eventualmente conferiti all’amministratore nell’ambito della sua attivitàlibero professionale, da enti diversi da quello di appartenenza”.

In molti colleghi, di pressoché tutti i gruppi parlamentari abbiamo quindi presentato proposte emendative analoghe per modificare la disposizione dell’art. 5, comma 5, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122, al fine di escludere la portata applicativa della disposizione in esame a quegli incarichi eventualmente conferiti all’amministratore nell’ambito della sua attivitàlibero professionale, da enti diversi da quello di appartenenza.

Su questo c'è stata un’ampia discussione e in molti deputati della Commissione siamo intervenuti insistendo per trovare subito una soluzione, ma il Governo ha sostenuto che allo stato non è possibile risolvere il problema, dovendo costruire una norma che preveda una differenziazione tra titolari di cariche elettive ed eventualmente differenziando i Comuni secondo la dimensione.

Mi sono perciò astenuta sulla relativa votazione (l'unica in maggioranza, avendo gli altri votato contro l'approvazione dell'emendamento risolutivo), motivandone la ragione. Sono infatti convinta che era non solo possibile, ma doveroso, risolvere in questa sede la compromissione della partecipazione attiva alla vita democratica del Paese operata a danno di cittadini perché libero-professionisti attraverso l’accesso agli incarichi pubblici.

Mi auguro che non sia fondato quanto è stato da taluno osservato, ovvero che ciò che ha impedito l'approvazione dei nostri emendamenti sarebbe stata la considerazione della circostanza che la nuova sindaca di Roma, Virginia Raggi, era sotto indagine per l'episodio dei due incarichi ricevuti da amministrazioni pubbliche (Asl) mentre era consigliere comunale di Roma, incarichi che non aveva dichiarato. Anche perché è notizia di questi ultimi giorni che la Procura ha chiesto l'archiviazione del procedimento avviato a suo carico. Confido perciò che il Governo mantenga fede all'impegno di elaborare quanto prima una norma risolutiva ed equilibrata, che non potrà certo differenziare il diritto di elettorato passivo dei cittadini libero-professionisti sulla mera base delle dimensioni del Comune o del tipo di incarico elettivo.

 - Emendamento e successivo ordine del giorno per rendere più equa la ripartizione del Fondo di Solidarietà Comunale

Per una singolare coincidenza, lunedì 18 luglio scorso sul Sole 24 Ore veniva pubblicato un intervento del Prof. Luca Antonini dal titolo "Fondo di Solidarietà, i Comuni virtuosi restano penalizzati" (Link all'articolo: http://www.unitel.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4750:2016-07-20-07-41-07&catid=144), mentre riprendeva in Commissione Bilancio l'esame del decreto legge, con il deposito da parte del relatore di un emendamento recante alcune disposizioni in materia di Fondo di solidarietà comunale, intervenendo il decreto legge, tra l’altro, sulle modalità di ripartizione della quota parte del Fondo che viene accantonata e redistribuita tra i comuni delle regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali ed i fabbisogni standard. Ricordo che con il D.L. n. 78/2015 (art. 3, co. 3), il criterio perequativo è stato precisato nel senso di considerare la differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, al fine di superare le situazioni di criticità di quegli enti sottodotati in termini di capacità fiscali standard; la quota percentuale del Fondo da ripartirsi in funzione perequativa - pari al 10 per cento nel 2014 e al 20 per cento nel 2015 - è stata innalzata al 30 per cento per l'anno 2016, al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018, dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 17, lett. e)).

Oltre alla crescente complessità della disciplina normativa, questi criteri di riparto del Fondo di solidarietà rischiano - come spiegato da Antonini - di essere viziati da una iniquità che penalizza i Comuni più virtuosi: infatti la nota metodologica assume - per la determinazione delle relative capacità fiscali - il gettito standard dell'Imu sulla base dei dati catastali aggiornati all'anno 2013; è fatto noto, tuttavia, che in moltissimi Comuni i dati catastali sono distanti dai veri valori di mercato, per cui i contribuenti con un'alta capacità contributiva reale sono tassati su una base imponibile sottostimata, mentre in altri Comuni, grazie a un processo continuo di rivalutazione dei valori catastali, questi sono ormai prossimi ai valori di mercato, a tutto vantaggio dell'equità fiscale. La nota metodologica considera tuttavia solo il tax gap derivante dall'evasione fiscale, non quello del gap tra valori Omi (Osservatorio mercato immobiliare c/o Agenzia Entrate) e rendite catastali, così attribuendo ai comuni che hanno rivalutato i valori catastali una capacità fiscale pro capite nettamente superiore agli altri e, pertanto, penalizzandoli rispetto ad altri comuni potenzialmente "ricchi" in termini analoghi o maggiori, ma risultanti "poveri", solo perché in essi tale processo non è stato attuato. Questa disparità ingiusta penalizzazione disincentiva, inoltre, i comuni a promuovere eventuali aggiornamenti catastali finalizzati favorire l’equità fiscale.

Per questi motivi ho presentato un subemendamento all'emendamento del relatore - che ha avuto purtroppo il parere contrario del Governo - che chiedeva di considerare nel tax gap anche la distanza tra valori catastali e valori OMI. Ho quindi predisposto un ordine del giorno per la discussione in Aula, che è stato accolto dal Governo, impegnandosi a predisporre le necessarie modifiche normative al fine di stabilire che nel riparto della quota parte del Fondo di solidarietà comunale accantonata e redistribuita tra i comuni secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali ed i fabbisogni standard, si tenga adeguatamente conto del tax gap derivante dal divario tra valori Omi e valori catastali. La prima firmataria dello stesso è la collega Rotta, visto che come deputati abbiamo il limite di poter presentare un solo ordine del giorno a nostra prima firma. Se vuoi puoi leggerlo a questo link: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=9/03926-AR/096&ramo=CAMERA&leg=17.

 - Emendamento per il caso del pignoramento Comune di Farra di Soligo

Il caso del Comune di Farra di Soligo, alle prese con il pignoramento dei conti in Tesoreria per somme pari a due volte almeno il bilancio corrente, rischia il dissesto a causa di sentenze esecutive emanate di recente dalla Corte d'Appello di Venezia in procedimenti giudiziari relativi a cause per indennizzi di espropri risalenti agli anni '90, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale intervenuta nel 2007 che ha modificato in modo radicale i criteri normativi cui attenersi nella determinazione dell'indennizzo, riferendolo al valore di mercato del bene immobile. Si tratta di una situazione che, passati 20 anni dai fatti per cui è causa, pregiudica il normale funzionamento dell'ente e i servizi da erogare ai cittadini senza alcuna responsabilità degli attuali amministratori (al seguente link: La richiesta d'aiuto del Comune di Farra di Soligo). Ragion per cui, visto che il decreto legge in esame ha previsto all’art. 4 un Fondo con 20 milioni di euro per i contenziosi connessi a sentenze esecutive per i casi di calamità o cedimenti, ho sottoscritto l'emendamento a prima firma del collega Andrea Causin di Ncd per estendere l'accesso al fondo anche in caso di sentenze esecutive in materia di espropri. È evidente infatti l'analogia tra le fattispecie. Tuttavia il Governo ha dato parere contrario, asserendo la carenza di elementi per quantificarne la portata e dunque la copertura finanziaria, ed il gruppo di Ncd lo ha ritirato. Sono allora intervenuta, per sostenere la necessità che si affronti anche questa problematica, pur se mi rendo conto che casi come quello delle sentenze esecutive di risarcimento dei danni a favore dei genitori che hanno perso i figli nella scuola crollata a San Giuliano di Puglia sono di ben maggiore impatto emotivo. Il sottosegretario Baretta è quindi intervenuto riconoscendo la fondatezza della questione da me posta, a suo avviso da riproporre nella sede della prossima Legge di Bilancio. Al seguente link trovi la mia precedente intervista sul tema per qdpnews.it: https://www.facebook.com/simonetta.rubinato/videos/1795239460492554/

 

 


pubblicata il 05 agosto 2016

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