«Obbediamo», ma la fascia tricolore diventa un caso - Il Gazzettino

15 ottobre 2017

Pagina II, Gazzettino Belluno

BELLUNO Non chiamatela disobbedienza civile. Ma poco ci manca. Perché i sindaci, ieri mattina, hanno deciso di sfilare per Piazza dei Martiri con la fascia tricolore addosso. Nonostante l'invito arrivato dalla Prefettura a non mettere la fascia per la manifestazione pro referendum. Unica accortezza: si sono tolti la fascia prima di salire sul palchetto per i discorsi di rito. Le regole relative alla propaganda elettorale sono chiare. Anche quando si tratta di referendum. Gli amministratori, difatti, non possono utilizzare il loro ruolo istituzionale per fare campagna elettorale o referendaria. Anche se, lo scorso anno, al referendum costituzionale del 4 dicembre, il premier Renzi non si è certo tirato indietro in quanto a battage pubblicitario per promuovere il «sì». Qualche sindaco l'ha ricordato ieri, nei capannelli formatisi pochi minuti prima della partenza del corteo. LA RISPOSTA«Abbiamo indossato la fascia per essere riconoscibili durante il corteo e per far capire ai cittadini che i sindaci sono in prima linea per questo territorio» dicono Serenella Bogana (Alano) e Milena De Zanet (Limana). «Nessuna contrapposizione rispetto al prefetto, che ci ha invitato a non usare la fascia - dice il presidente della Provincia, Roberto Padrin -. Tant'è vero che durante il comizio l'abbiamo tolta. Da parte nostra, apprezziamo la collaborazione sempre dimostrata dal prefetto di Belluno». Fascia sì, fascia no. Sulla questione si esprime anche Simonetta Rubinato. La deputata del Partito Democratico ha saputo dell'invito del prefetto. E non nasconde un certo imbarazzo: «Siamo al ridicolo - dice Rubinato -. Uno Stato che arriva ad invitare i sindaci a non indossare la fascia tricolore in una manifestazione pubblica a favore della partecipazione civica ad un referendum pienamente costituzionale, ispirato al principio fondamentale dell'articolo 5 della Costituzione, che riconosce nella valorizzazione delle autonomie lo strumento per rafforzare l'unità nazionale, espone la Repubblica al ridicolo. E conferma ancora di più perché ci sia bisogno della spinta della volontà popolare per cambiare l'attuale sistema centralistico. Questo atteggiamento burocratico e invasivo, che ingiunge l'osservanza di norme violandone in realtà lo spirito democratico, oltre a denotare poco rispetto per le autonomie locali, spiega meglio di tanti discorsi perché il regionalismo differenziato, il federalismo fiscale, il principio di sussidiarietà inscritti nel 2001 in Costituzione non abbiano ad oggi ancora avuto attuazione in nessuna parte del Paese».

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pubblicata il 15 ottobre 2017

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