Che fare? La frattura tra i dem si allarga Moretti: «Non sono più certa di votare» - Corriere del Veneto

19 ottobre 2017

Pagina 2, Primopiano

VENEZIA La stretta di mano tra Gentiloni e Bonaccini sull’autonomia ha aperto un interrogativo nel Pd veneto: adesso come la mettiamo col «Sì critico» al referendum? In ordine sparso, ecco come. La firma a Palazzo Chigi ha allargato la faglia tra i dem del «Sì» come Simonetta Rubinato e Achille Variati da quelli del «neanche vado a votare», come Laura Puppato, Alessandro Naccarato, Graziano Azzalin, la segretaria provinciale di Vicenza Veronica Cecconato.

L’aria che tira la spiega Alessandra Moretti, da sempre collegamento nel Pd tra Venezia e Roma. Finora si era astenuta dalle dichiarazioni di voto perché indecisa. Da ieri lo è meno. «È evidente che la firma a Palazzo Chigi è un segnale forte nei confronti dell’immobilismo di Zaia che per anni non ha mai avviato la trattativa e a pochi mesi dalle politiche fa un referendum che vuole trasformare in plebiscito, una pagliacciata con i soldi dei veneti - premette- Noi potevamo risparmiare 14 milioni di euro e fare quello che ha fatto Bonaccini. L’autonomia è sacrosanta, il Veneto ne ha diritto e se vado a votare, voterò sì ma alla luce di questo risultato non so se andrò: sono scettica e l’astensione sarebbe il messaggio giusto da dare a Zaia». Propio ieri, Moretti, il capogruppo in Regione Stefano Fracasso e altri consiglieri hanno illustrato la via dem all’autonomia: inutile chiedere 22 competenze, meglio poche ma buone come istruzione, tutela della salute, ambiente, governo del territorio, politiche del lavoro, innovazione, ricerca scientifica, giustizia di pace.

Il fronte del Sì non si scompone davanti al sorpasso dell’Emilia. «Che trattativa potesse essere già avviata, l’abbiamo detto in tutte salse - ricorda il sindaco di Vicenza Achille Variati - Ma in Veneto un consesso democratico come il consiglio Regionale ha deciso che prima andavano consultati i cittadini. E così si è fatto. E se non ci fosse stato referendum del Veneto, Bonaccini avrebbe firmato questa cosa con Gentiloni?». Risponde l’onorevole Simonetta Rubinato: «Senza referendum, non saremmo qui a parlare di regionalismo differenziato - sorride - Può anche essere che sia un tentativo di influenzare il quorum, questa dichiarazione d’intenti. Che non è prevista da nessuna norma, è un passaggio comunicativo ma non fondamentale del percorso. Ma mi fa piacere che sia stato firmato, credo sia un primo effetto della sentenza della Corte Costituzionale che ha ammesso il referendum del Veneto. Per me è una gioia e spero di gioirne ancora di più il 23». Il punto è, spiega Fracasso, che fuori dal Veneto non si comprende appieno cosa significhi qui l’autonomia e il ruolo simbolico della consultazione. «Bisogna viverci, per comprendere che è una forma mentis - dice - Il messaggio dell’intesa Bonaccini-Gentiloni è: le porte sono aperte. Ma a quattro giorni dal voto, i soldi per la consultazione sono comunque spesi».

«No, l’intento firmato da Bonaccini e Gentiloni è la prova provata che i referendum servono ad altro - ribatte Laura Puppato, astensionista della prima ora - L’università a Bologna costa la metà che a Padova, hanno un Pil più alto e ci sorpassano anche sull’autonomia - elenca - Ma quando ci svegliamo? Il Veneto ha aumentato i ticket e tolto 40 milioni ai Comuni per disagio abitativo: ma che autonomia vuole? Ricordo che tra i cinque quesiti posti alla Consulta, il Veneto ne aveva posto uno sull’indipendenza. Se non è una provocazione, poco ci manca». In prima commissione in Regione, fa sapere da Mdp Piero Ruzzante, sono ancora iscritti all’ordine del giorno i progetti di legge per il referendum sull’indipendenza: «Altro che archiviati, come dice Zaia».

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pubblicata il 19 ottobre 2017

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