Separazione Mestre-Venezia: non ci si appelli ai tribunali per non dare la parola ai cittadini

14 marzo 2018

Il via libera della Regione Veneto, che ha indetto per il 30 settembre il referendum per la separazione di Mestre da Venezia, è una notizia positiva. Si può essere favorevoli o contrari nel merito alla costituzione di Mestre e Venezia in due municipalità distinte, ma da ‘democratica’ non posso che vedere positivamente il fatto che, su un tema così importante sia data la parola ai cittadini, anziché appellarsi alla burocrazia dei tribunali per impedirlo. E mi riferisco alla lunga, e non ancora definitivamente conclusa, diatriba giudiziaria sulla legittimità o meno del referendum in base alla legge c.d. Delrio.

Oltre un anno fa avevo interpellato il Servizio Studi della Camera per gli Affari Istituzionali proprio su questa querelle interpretativa e i funzionari della Camera avevano confermato la mia valutazione: una cosa è il referendum da sottoporre a tutti i cittadini della Città Metropolitana per la suddivisione territoriale del comune capoluogo, previsto all’art. 1, comma 22, della legge Delrio, per il caso in cui si voglia prevedere nello statuto della Città Metropolitana l’elezione diretta del sindaco e del Consiglio. Altra cosa è il referendum previsto dall’art. 133 della Costituzione che può essere indetto dalla Regione per ‘istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni’. Secondo il Servizio Studi della Camera l’interpretazione corretta è che, al di fuori dei casi previsti dall’art. 1, comma 22, della legge Delrio, ‘resta fermo quanto previsto dall’art. 133, secondo comma, della Costituzione’. Tradotto: nulla impedisce di fare il referendum per la separazione di Mestre e Venezia. Né potrebbe essere diversamente stante il rango sottordinato della legge Delrio al dettato costituzionale.

Mi stupisce che un Sindaco, che da candidato si era impegnato a far svolgere il referendum in caso di vittoria, si appelli alla burocrazia dei tribunali per impedire di dare la parola ai cittadini. Non è che gli elettori sono intelligenti quando ti eleggono e poi sono stupidi quando devono esprimersi su questioni che li riguardano.

 

ECCO LA NOTA DEL SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA

MODIFICAZIONI CONFINI COMUNALI E CITTA’ METROPOLITANE

L’articolo 133, secondo comma, della Costituzione prevede che “la Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni”.

L’art. 1, comma 22, della legge 56/2014 – di riforma del sistema delle province ed istituzione delle città metropolitane – ha disposto che “lo statuto della città metropolitana può prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale.

E' inoltre condizione necessaria, affinché si possa far luogo a elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che entro la data di indizione delle elezioni si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo in più comuni.

A tal fine il comune capoluogo deve proporre la predetta articolazione territoriale, con deliberazione del consiglio comunale, adottata secondo la procedura prevista dall'articolo 6, comma 4, del TUEL.

In base alla legge 56/2014 la proposta del consiglio comunale deve essere sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana, da effettuare sulla base delle rispettive leggi regionali, e deve essere approvata dalla maggioranza dei partecipanti al voto.

E' altresì necessario che la regione abbia provveduto con propria legge all'istituzione dei nuovi comuni e alla loro denominazione ai sensi dell'articolo 133 della Costituzione.

In alternativa a quanto previsto dai periodi precedenti, per le sole città metropolitane con popolazione superiore a tre milioni di abitanti, è condizione necessaria, affinché si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee, ai sensi del comma 11, lettera c), e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della città metropolitana.”

Come evidenziato anche nella seduta del Consiglio regionale da un lato l’articolo 133, comma secondo, della Costituzione attribuisce quindi alle regioni la competenza in materia di modificazione delle circoscrizioni comunali - tra cui anche quella del Comune di Venezia -, dall’altra la procedura di suddivisione in più comuni del capoluogo delle città metropolitane - tra cui, appunto, Venezia - è soggetta alla procedura disciplinata dalla legge Delrio, qualificata come norma speciale.

La previsione della legge 56/2014 appare peraltro riferita alla specifica procedura dettata per poter procedere all’elezione diretta del sindaco metropolitano e – alla luce dei principi generali di gerarchia delle fonti dell’ordinamento – non può essere suscettibile di derogare, in quanto legge ordinaria, a quanto sancito dalla Carta Costituzionale il cui art. 133 rimane quindi applicabile per ogni procedimento di modificazione dei confini comunali.

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pubblicata il 14 marzo 2018

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