Autonomia differenziata: il governo del centrodestra del Veneto non ha più alibi dopo l'approvazione del mio emendamento
LA NOVITA'
La legge di stabilità, votata in via definitiva dal Senato il 23 dicembre scorso, contiene una norma che apre la strada per l'attuazione dell'autonomia differenziata prevista dalla riforma costituzionale del 2001 all'art. 116, terzo comma, della Costituzione con la possibilità che vengano attribuite anche alle Regioni a statuto a ordinario "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s)". Sitratta di tutte le materie di competenza concorrente, dell'organizzazione della giustizia di pace, dell'istruzione, della tutela dell'ambiente e dei beni culturali. L'art. 116 prevede che ciò avvenga "con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata".
La novità è frutto di un mio emendamento approvato dalla Commissione Bilancio della Camera nella notte di domenica 15 dicembre scorso, che ora è divenuto il comma 382-bis dell'art. 1 della legge di Stabilità per il 2014. Ecco cosa stabilisce: "Anche ai fini di coordinamento della finanza pubblica, il Governo si attiva sulle iniziative delle regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli Affari regionali ai fini dell'intesa ai sensi dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione nel termine di sessanta giorni dal ricevimento. Tale disposizione si applica a partire dalle iniziative presentate prima dell'entrata in vigore della presente legge in applicazione del principio di continuità degli organi e delle funzioni. In tal caso il suddetto temine decorre dall'entrata in vigore della presente legge".
Per comprenderne la rilevanza trascrivo il primo commento della nuova norma contenuto nel dossier del Servizio Studi della Camera: "La disposizione costituisce il primo intervento posto in essere dal legislatore, dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione del 2001, per delineare un procedimento di attuazione del percorso finalizzato all'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario prevista dall'art. 116 Costituzione. Tale procedimento consente l'applicazione dei principi di sussidiarietà e di uguaglianza, quest'ultimo nella sua accezione sostanziale, che hanno concorso ad ispirare la suddetta riforma".
IL PERCORSO DELL'EMENDAMENTO
L'aggancio per la proposta emendativa mi è stato fornito dall'inserimento da parte del Governo, nel testo del maxiemendamento al disegno di legge di Stabilità al Senato, del comma 382, che prevede un nuovo patto finanziario tra lo Stato e le province autonome di Trento e di Bolzano. In sostanza il contributo delle due provincie autonome all'equilibrio dei conti dello Stato è erogato sotto forma di trasferimento delle competenze (e dei relativi oneri) in materia di agenzie delle entrate e di amministrazione della giustizia. Ad ulteriore rafforzamento della loro autonomia, il maxiemendamento prevede anche l'attribuzione alle due province della competenza in materia di tributi locali. Questo pacchetto dovrà poi tradursi in norme di attuazione degli Statuti, da approvarsi entro il 30 giugno del 2014. Ho così presentato il 5 dicembre una prima formulazione dell'emendamento, volto ad accrescere le competenze della Regione Veneto (clicca qui), il n. 1.1864, sottoscritto anche dai colleghi De Menech, Rotta, Zoggia, Moretto, Ginato, che tuttavia è stato dichiarato inammissibile dalla Presidenza della Commissione Bilancio per asserita estraneità di materia al contenuto della legge di Stabilità in quanto avente carattere procedimentale. Ma non mi sono arresa e il 9 dicembre ho proposto ricorso alla Presidenza chiedendone la riammissione, spiegando come il mio emendamento fosse teso a favorire, per la regione Veneto, condizioni di autonomia attraverso un'intesa, nel percorso costituzionalmente delineato dall'art. 116, comma terzo, per l'esercizio di funzioni, sposando la stessa logica del comma 382, che pure prevede un'intesa per la revisione delle competenze delle due provincie autonome. Ferma restando la diversità dello strumento costituzionale attivato, in entrambi i casi il conferimento di maggiore autonomia consentirebbe positivi effetti per il bilancio dello Stato e maggior efficienza ed efficacia delle funzioni attribuite sul territorio a vantaggio delle comunità territoriali. Quindi non poteva esservi alcuna estraneità di materia, perché l'emendamento era teso a realizzare per la regione Veneto obiettivi già previsti nel testo del disegno di legge di stabilità per altri enti territoriali. Inoltre, il comma 343, alla lettera b) della medesima legge di Stabilità modifica disposizioni già vigenti, per assicurare copertura finanziaria a funzioni pubbliche basate su intesa di cui è parte anche la regione Veneto: anche a confronto con tale comma era evidente che il mio emendamento non poteva essere considerato estraneo per materia ai contenuti del disegno di legge di stabilità. E così ne ho ottenuto la riammissione.
A quel punto è iniziato un lavoro di convincimento politico del Ministro per gli Affari regionali Del Rio, di approfondimento legislativo con il suo capo di gabinetto Mauro Bonaretti, con il prezioso ausilio tecnico della dott.ssa Ciuffetti del Servizio Studi della Camera. Infatti il testo iniziale dell'emendamento, pur redatto correttamente sul piano formale, si scontrava contro due ostacoli pressoché insormontabili: il primo, politico, era dato dal fatto che la proposta era riferita solo alla Regione Veneto, con le intuibili conseguenti opposizioni da parte dei deputati delle altre Regioni; il secondo, più tecnico, che con la stessa provavo a dar seguito al percorso intrapreso dalla Regione Veneto con la delibera del consiglio regionale n. 98 del 18 dicembre 2007 (clicca qui), che tuttavia è risultato inadeguato a costituire l'iniziativa cui si riferisce l'art. 116, terzo comma, della Costituzione per il carattere del tutto generico, tanto che anche i governi che si sono succeduti nella Regione Veneto non gli hanno dato alcun seguito. Per questo ho dato la mia disponibilità a riformulare il testo dell'emendamento, purché ne uscisse delineato, in via generale ma concreta, un percorso procedimentale certo per avviare finalmente ad attuazione il terzo comma dell'art. 116 della Costituzione, vigente dal 2001 ma sino ad oggi mai applicato.
I CONTENUTI DELLA NORMA
Da questo lavoro è sortita così una norma che dispone:
- che il Governo si attivi, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento, sulle iniziative delle Regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali ai fini dell'intesa con lo Stato ai sensi dell'articolo 116, comma 3, della Costituzione, sia nelle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, sia in alcune materie di competenza esclusiva dello Stato (organizzazione giudici di pace, istruzione, tutela dell'ambiente e dei beni culturali);
- che la trattativa tra Stato e regione interessata proseguirà anche se dovesse cambiare il governo nazionale o quello regionale dopo che sia stata avviata, in applicazione del principio di continuità degli organi e delle funzioni, evitando di ricominciare ogni volta da capo;
- che tale procedura si applica a partire dalle iniziative presentate dalle regioni prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità. In tal caso, il suddetto termine di sessanta giorni decorre dall'entrata in vigore della legge di Stabilità 2014. Se qualcuna delle Regioni a statuto ordinario avesse dunque già avviato l'iniziativa entro la fine del 2013, potrebbe ora usufruire di questa procedura accelerata da parte del Governo. Peccato davvero che il Veneto non sia nella condizione di farlo nonostante il Presidente Zaia governi la Regione dal 2010!
IL DIBATTITO
In questa battaglia ho trovato il sostegno dei colleghi Ginato e De Menech, mentre al momento del voto sono stati più d'uno i colleghi malpancisti seguaci del centralismo statuale, in particolare del Sud ma non solo, che non hanno apprezzato la norma (qualcuno l'ha minimizzata dicendo che non dice nulla di nuovo, qualcun altro, come l'on. Tabacci, l'ha definita pericolosa). Io credo che la verità stia nel mezzo, ovvero che finalmente vi è un minimum di condizioni procedimentali sul piano normativo affinché anche una regione ordinaria possa avviare una trattativa per raggiungere un'intesa analoga a quelle che da tempo vengono concluse tra lo Stato e le province di Trento e Bolzano. Non a caso l'unico a complimentarsi per il risultato è stato il collega altoatesino della SVP Daniel Alfreider.
La norma ha suscitato un ampio dibattito di cui ha dato conto anche la stampa nazionale (clicca qui) ed il fatto che abbia ricevuto il parere favorevole del ministero per gli affari regionali dimostra che il ministro Del Rio può essere l'interlocutore giusto per aprire una nuova fase del regionalismo italiano, per così dire a 'geometria variabile', perché crede nelle buone ragioni dell'autonomia responsabile.
Le possibilità positive che apre questa norma in particolare per il Veneto sono evidenti, tanto che la vicenda è stata seguita con interesse dai media regionali (leggi gli articoli del Corriere del Veneto e de Il Gazzettino) essendone scaturito un dibattito all'interno della politica regionale. Spiace che Zaia non abbia ad oggi, stando alle sue dichiarazioni alla stampa (clicca qui), compreso l'opportunità che si apre per la nostra regione dopo anni di slogan e promesse a vuoto di federalismo, secessione, indipendenza (clicca qui). Non tutti però nella la lega Nord la pensano allo stesso modo, visto che la presidente della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto, con un intervento sul Gazzettino (clicca qui) si è detta disponibile ad una collaborazione istituzionale per poter finalmente ottenere maggiore autonomia per il Veneto. E anche il consigliere regionale Nereo Laroni del NCD, a fronte delle dichiarazioni scomposte del presidente Zaia, ha dichiarato: "La strada maestra, che dovrebbe essere perseguita con più concretezza è quella di un federalismo compiuto e di una maggiore autonomia dei territori" (clicca qui).
Mentre del tutto insoddisfacente appare la proposta di legge presentata nei giorni scorsi dai due consiglieri regionali di Pdl-Nuovo Centrodestra, Tesserin e Toniolo (clicca qui), per contrattare con lo Stato centrale i quesiti di un referendum per chiedere ai veneti se vogliono maggiore autonomia e trattenere maggiori risorse sul territorio. Ma in che lingua ce lo devono ancora dire? C'è bisogno di un referendum per sapere che i veneti vogliono maggiore autonomia? (clicca qui).
Non mi stupisce che proprio da una donna amministratrice sia partita la disponibilità a lavorare in modo trasversale per provare a raggiungere finalmente dei risultati concreti per il Veneto. Disponibilità, quella espressa sulle pagine del Gazzettino dalla presidente della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto, che raccolgo senz'altro, insieme alla sfida che naturalmente implica. Una sfida che impegna tutte le istituzioni del Veneto, a cominciare dalla Regione sino agli enti locali.
COME DARE RISPOSTA ALLA RICHIESTA DI MAGGIORE AUTONOMIA DEL VENETO
La domanda di maggiore autogoverno del Veneto, unica regione tra due autonomie speciali (anzi tre, Trento, Bolzano, Friuli-Venezia Giulia, con a nord la Carinzia e più a ovest la Slovenia) attende da troppo tempo di essere soddisfatta. Le frustrazioni di cui è responsabile tutta la politica veneta (con gradi diversi di responsabilità tra i diversi partiti, perché non è la stessa cosa essere al governo delle istituzioni o in minoranza) sono oggi amplificate dalla crisi economica e sociale che morde famiglie e imprese. Al punto che si è organizzato un movimento trasversale per chiedere un referendum sull'indipendenza veneta, consultazione cui hanno dato parere favorevole, insieme alla sottoscritta, anche molti consiglieri comunali del Pd, non nel merito della questione ma affinché i veneti possano esprimere la loro opinione. Assistiamo però al paradosso che in consiglio regionale maggioranza e minoranza si scambiano i ruoli, per cui il Pd, che sta all'opposizione, responsabilmente ne solleva l'incostituzionalità, mentre l'ex presidente Galan e l'attuale Zaia si schierano a favore, senza farsi alcun esame di coscienza in ordine al fatto che dalla riforma costituzionale del 2001 era possibile in forza dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione chiedere per il Veneto al governo centrale (governato dal centrodestra dal 2001 al 2005 e poi dal 2008 al 2011) uno scambio tra autogoverno e responsabilità.
Certo, sono ben consapevole di quanto sia impervio per chiunque il percorso e complessa la procedura dell'autonomia differenziata, che richiede una negoziazione della Regione su competenze, funzioni e risorse con il governo centrale. Tanto che, dopo quasi 13 anni da quella riforma del 2001, nessuna Regione ordinaria l'ha ottenuta. Per questo è indispensabile mettere in campo un forte lavoro di squadra tra istituzioni, trasversale alle forze politiche, sostenuto nella società da una cultura collettiva dell'autogoverno. È in fondo questa la lezione che dobbiamo apprendere dai nostri vicini di casa, i presidenti delle province di Trento e di Bolzano e le forze politiche di quei territori. Certo loro hanno il vantaggio dello statuto speciale, ma l'autonomia non è mai una questione solo di finanziamenti, è soprattutto un percorso unitario di libertà, competenze, responsabilità e sobrietà. Che dobbiamo intraprendere 'per' il nostro Veneto, non 'contro' qualcun altro. L'autonomia infatti è prima di tutto un esame di maturità, secondo il profetico monito di Alcide Degasperi: "Io che sono pure autonomista convinto e che ho patrocinato la tendenza autonomista - diceva Degasperi il 29 gennaio 1947, intervenendo durante i lavori dell'Assemblea costituente - permettete che vi dica che le autonomie si salveranno, matureranno, resisteranno, solo ad una condizione: che dimostrino di essere migliori della burocrazia statale, migliori del sistema accentrato statale, migliori soprattutto per quanto riguarda le spese. Non facciano la concorrenza allo Stato per spendere molto, ma facciano in modo di creare una amministrazione più forte e che costi meno". Riusciremo ad ottenere maggiore autonomia per la nostra Regione solo riuscendo a dimostrare di essere capaci di gestire scuola e strade, università e ammortizzatori sociali, ambiente e beni culturali, meglio dello Stato, spendendo meno dello Stato. Condizione tanto più necessaria oggi dopo che la maggior parte della classe dirigente delle Regioni ha dato cattiva prova di sé, provocando come effetto negativo un neocentralismo di ritorno attuato soprattutto con le manovre finanziarie a partire da quelle di Tremonti del 2008. Allo stesso modo la differenza istituzionale o l'originalità di una soluzione appaiono oggi quasi un fattore di disturbo in un contesto culturale nazionale che tende all'omologazione. Mentre nell'attuale situazione all'organizzazione accentrata - tendenzialmente rigida - dovrebbe essere preferita quella decentrata, tendenzialmente più adatta all'innovazione, all'efficienza, alla capacità di rispondere ai bisogni di specifici contesti.
Una cosa è certa: dopo l'approvazione di questa norma il governatore Zaia non ha più alibi e la maggioranza che governa la Regione sa bene che può già prendere un'iniziativa per negoziare con lo Stato l'autonomia differenziata in alcune materie. E' questa la strada maestra, quella che può dare risultati concreti nei tempi più rapidi. Il Centrodestra che è maggioranza porti rapidamente in consiglio regionale una proposta per attivare la procedura ora prevista dal comma 332-bis della legge di stabilità: nell'arco di 60 giorni la Regione potrebbe aprire la trattativa con il Governo, sapendo che il ministro Del Rio su questo è disponibile a trattare. Da quel momento saremo in grado di offrire ai veneti risultati concreti: competenze trasferite da Roma a Venezia su cose che decideremo noi, avvicinandoci così al tanto invidiato modello trentino.
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