A Nordest la crescita c'è, ma non basta

16 novembre 2018

Presentato a Padova giovedì 15 novembre scorso il Rapporto annuale della Fondazione Nord Est, dal titolo "Una nuova competitività": nuova non solo nel senso di competitività 'ritrovata' dopo la grande crisi, ma anche nuova come 'diversa' per far fronte alle grandi trasformazioni in corso (demografiche, sociali, geopolitiche, tecnologiche ed ambientali). 
Dal Rapporto emerge che negli ultimi cinque anni le regioni del Nordest hanno trainato la ripresa economica ed occupazionale italiana insieme a Lombardia ed Emilia Romagna. Pur colpite dalla crisi, le regioni nordestine sono state in grado di riprendersi più rapidamente di altre aree: il pil pro capite, pari a 33.900 euro, è prossimo a quello della Germania e della Svezia e ampiamente superiore alla media italiana, i tassi di occupazione sono superiori a quelli pre-crisi del 2008, la disoccupazione é sotto il 5% per i maschi italiani, ma rimane sopra il 10% per le donne e gli immigrati. Elemento centrale di questa crescita si confermano le esportazioni, cresciute nel primo semestre del 2018 del 5,9%, rispetto al 4% del Nordovest e al 3,7% dell'Italia. La quota di valore aggiunto stimolata dalla domanda internazionale è pari al 19,1% in Veneto, al 14,9% in Friuli Venezia Giulia e al 13,1% in Trentino Alto Adige. Esportazioni che riguardano soprattutto i paesi europei (per il 60,6%). 
Dati che parlano dunque di una competitività ritrovata a Nordest e fortemente connessa alla dimensione europea, ma che per durare nel futuro deve risolvere il gap costituito da una mancanza di adeguati investimenti in ricerca e tecnologia e sulla scuola e nell'università, mentre l'Italia investe in formazione e istruzione solo il 4% del pil, collocandosi al terzultimo posto in Europa. 
Il Rapporto dice chiaramente che il futuro del Nordest dipende in modo decisivo dalla capacità di produrre ed attirare un capitale umano adeguato ai bisogni futuri delle imprese. Già oggi esiste un forte squilibrio occupazionale tra una domanda di lavoro elevata ed un'offerta di lavoro che non ha le caratteristiche per soddisfarla, per cui le imprese del Nordest cercano lavoratori qualificati senza trovarli. Servono quindi scuole diverse, insegnanti capaci di cambiare, università più numerose o più grandi che insegnino contenuti diversi con metodi diversi. Serve in primis investire maggiormente in una formazione professionale qualificata incrementando gli Istituti Tecnici Superiori: oggi gli iscritti a percorsi terziari professionalizzanti sono appena 10.000 in Italia rispetto agli 764.854 in Germania, agli 529.163 in Francia, agli 400.341 in Spagna, agli 272.487 nel Regno Unito. 
Dai dati sui livelli di istruzione il Rapporto indica una competitività più elevata nel Trentino, dove attraverso investimenti pubblici locali indirizzati soprattutto verso formazione e innovazione si sono recuperati negli ultimi dieci anni alcuni gap importanti. In primis quelli relativi al capitale umano, portando la quota dei laureati nella classe 30-34 anni vicina alla media europea (33,6% in Trentino,13 punti percentuali in più in 10 anni). In Veneto la quota si ferma invece al 27,6% (dal 16,8 di 10 anni fa) e in Friuli Venezia Giulia al 28,7% (dal 21,2). 
E’ un'indicazione importante, perché conferma la necessità di accelerare l'intesa sull'autonomia differenziata, per trasferire alla regione Veneto le competenze e risorse in materia di istruzione, formazione e ricerca, necessarie a pianificare un'offerta formativa adeguata, guardando proprio al modello trentino. Anche perché il sistema produttivo veneto, fortemente connesso all'economia europea e integrato alla filiera manifatturiera tedesca, ha bisogno di investire molto di più in una formazione professionale qualificata incrementando gli Istituti Tecnici Superiori, sul modello della Germania. 
Presente anche il ministro del Tesoro Giovanni Tria, nel suo intervento ha sottolineato la necessità di rilanciare gli investimenti attraverso "opere diffuse sul territorio che rispondano a bisogni specifici, dotando tutti i territori italiani di una base su cui costruire la competitività, perché i territori sono più capaci di resilienza". Bene, condivido: il Governo tiri fuori dunque dal cassetto l'intesa per attuare l'art. 116, terzo comma, della Costituzione, che il Ministro Erika Stefani dice di aver consegnato al Presidente del Consiglio all'inizio di ottobre scorso. 

A questo link il Rapporto integrale di Fondazione Nord Est

http://www.fondazionenordest.net/web/fne/content.nsf/0/ECC9D146A6F20D79C1258347003DB491/$file/Rapporto_FNE_2018_webres-testo.pdf?openelement 


pubblicata il 16 novembre 2018

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